Nuove Cronache

Gianfranco Rotondi ricorda Alfredo Tarullo a dieci anni dalla scomparsa.

“Oggi sono dieci anni che Alfredo ci ha lasciato, a 46 anni, portato via da un male che aveva sfidato con la sua tempra indomabile, lasciando a tutti, anzitutto al bello e oggi bravissimo figlioletto, una meravigliosa lezione di amore per la vita”. Con queste parole Gianfranco Rotondi ha ricordato Alfredo Tarullo, giornalista e politico scomparso nel 2014.   Rotondi, legato a Tarullo da una profonda amicizia e collaborazione politica, ha sottolineato come il lavoro comune fosse frutto di un confronto quotidiano: “Alfredo era il mio portavoce, o forse io ero il suo, perché raccontavo in tv e sui giornali un pensiero che costruivamo assieme, reso leggero dalla sua cifra di impareggiabile umanità”.   Tra i fondatori della Democrazia Cristiana rinata nel 2004, Tarullo fu figura chiave nel tentativo di riportare il partito nell’agenda politica italiana. “Senza di lui – ha detto Rotondi – non sarebbe stato possibile il piccolo miracolo di imporre nuovamente la Dc, sia pure confinata in un angolino. Con la sua ironia campana riusciva a proporre un prodotto vintage nella Seconda Repubblica assetata di cambiamenti”.  Uomo stimato da colleghi e avversari, Tarullo sapeva confrontarsi “alla pari con tutti, dando la stessa considerazione a giovani stagisti e ministri importanti”. Rotondi ha ricordato anche il legame con Silvio Berlusconi: “Lo amava, ed era riamato. Ricordo che Silvio annullò una importante riunione per la sua morte, che lo colpì profondamente”.  La scomparsa di Tarullo, avvenuta a causa di un malore improvviso mentre preparava un incontro politico, segnò uno spartiacque per il progetto democristiano. “Nulla è stato come prima – ha ammesso Rotondi – perché il nostro progetto era pensato e incarnato anche da lui”.  Nel decennale della morte, Rotondi ha voluto infine rivolgere un pensiero alla famiglia: “Oggi ci stringiamo una volta di più a Enza, a Raftony, a Franco. Siamo ancora qui, con la forza delle idee e di esempi come quello di Alfredo”.

di Marco Iandolo

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