La crescente tensione economica tra grandi potenze globali richiama una riflessione urgente e strategica. Al Festival dell’Economia di Trento, in un convegno sponsorizzato dal Gruppo 24 Ore e Trentino Marketing, Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, ha toccato uno dei nodi più sensibili della politica commerciale europea: la necessità di implementare dazi sull’importazione di prodotti cinesi, al fine di parare il colpo della competizione aggressiva portata dal gigante asiatico.
Il monito del ministro Urso è chiaro e si sgancia da qualsiasi retorica diplomatica per abbracciare una visione più diretta e probabilmente realistica: “Se l’Europa non seguirà una politica di dazi simile a quella statunitense, rischiamo di essere completamente marginalizzati”. Questo concetto non è nuovo nel dibattito economico internazionale, ma acquista una risonanza particolare nel momento in cui si somma alle crescenti preoccupazioni per la resilienza degli anni di pandemia e le tensioni geopolitiche in atto.
La Cina, con la sua capacità di produrre a costi significativamente inferiori, ha senza dubbio modificato i parametri della concorrenza globale, rendendo critica la sopravvivenza delle imprese europee che stentano a competere su prezzo, pur mantenendo standard elevati di qualità. La proposta del Ministro Urso non è dunque un semplice aumento di tariffe doganali, ma un vero e proprio campanello d’allarme che chiama a un risveglio comunitario.
La prossima Commissione europea, come sottolineato da Urso, dovrà adottare una politica industriale audace e innovativa, che non solo protegga le imprese esistenti, ma anche stimoli una crescita attraverso investimenti congiunti e strategie comuni. La “sfida titanica” con la Cina non si rivolge solo al mero aspetto commerciale ma incide profondamente sulla capacità complessiva dell’Europa di rimanere una potenza economica di rilievo sullo scacchiere mondiale.
Non si tratta soltanto di economia, il settore della difesa e la siderurgia sono altrettanto implicati in questa scacchiera strategica. Le capacità militare e industriale dell’Europa sono viste non solo come requisiti per la sicurezza, ma anche come componenti essenziali dell’autonomia strategica dell’Unione. In quest’ottica, la proposta di dazi si trasforma in una necessità di autodifesa industriale.
La visione di Urso richiama inevitabilmente a una riflessione più ampia sul futuro economico europeo. Se da un lato l’autarchia non è né possibile né desiderabile in un’economia globale interdipendente, dall’altro è fondamentale ricercare un equilibrio che permetta di proteggere e promuovere il sapere industriale europeo senza soccombere alla dilagante ondata di prodotti a basso costo.
In conclusione, quanto proposto al Festival dell’Economia di Trento evidenzia un crinale sempre più marcato tra la necessità di apertura commerciale e quella di protezione industriale. Un dibattito che, nelle prossime sedute della Commissione Europea, non potrà certamente essere ignorato. Tuttavia, la componente più criticata riguarderà la capacità di tradurre queste sollecitazioni in azioni concrete che non ledano il libero scambio, ma che al contempo salvaguadino il tecido economico europeo.