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Donne e Lavoro: l’Italia Ultima in Europa per Occupazione Femminile

In ECONOMIA
Gennaio 02, 2024
Maternità e lavorare si sfidano: una su cinque si dimette dopo il parto, evidenziando la forte esigenza di servizi di supporto.

Il mercato del lavoro italiano continua a mostrare la sua difficoltà nel conciliare vita professionale e familiare soprattutto per le donne. L’ultimo rapporto del Servizio studi della Camera segnala allarme rosso: l’Italia si piazza all’ultimo posto nella classifica europea per l’occupazione femminile con un tasso significativamente più basso rispetto alla media dell’Unione Europea – il 55% contro il 69,3%.

Non si tratta di un gap insignificante, ma di un divario che sottolinea la presenza di ostacoli sistemici per l’ingresso e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro. Le cifre parlano chiaro: 9,5 milioni di donne contro i 13 milioni di maschi occupati, e una su cinque decide di abbandonare il proprio posto di lavoro dopo essere diventata madre.

Il nodo fondamentale sembra essere la conciliazione tra le esigenze familiari e professionali. Le donne escono dal mercato del lavoro non per insufficiente qualificazione – infatti l’istruzione agisce da fattore protettivo per la loro occupazione – ma a causa di una mancanza di supporto, sia a livello economico che di servizi di assistenza all’infanzia. Il dato è ulteriormente sostenuto dal fatto che oltre la metà delle dimissioni post-partum si attribuisce alla necessità di conciliare i tempi di vita e lavoro.

A peggiorare il quadro anche il divario retributivo: le donne guadagnano sensibilmente meno rispetto agli uomini. L’analisi Eurostat evidenzia un gap orario che, sebbene apparentemente minore della media europea (5% contro il 13%), si amplifica guardando alla retribuzione media annuale, dove le donne si attestano al 43% in meno rispetto agli uomini, oltre la media UE del 36,2%.

Il quadro lavorativo per le donne in Italia è caratterizzato anche dalla precarietà e da un impiego nei settori meno strategici e meno remunerativi. Il part time involontario è un’altra delle realtà con cui molte donne devono fare i conti: ne sono affette quasi la metà delle lavoratrici, un dato che si contrappone al 26,2% degli uomini.

Ancora una volta emerge lo squilibrio nell’accesso ai servizi di supporto, come l’assistenza all’infanzia. Nonostante un lieve miglioramento dopo la pandemia, le richieste di iscrizione ai nidi superano di gran lunga le disponibilità, con maggiore criticità nel Mezzogiorno d’Italia e tra le famiglie più svantaggiate economicamente.

Il presente scenario pone l’Italia di fronte a un bivio: investire in politiche e servizi che possano realmente supportare l’occupazione femminile o continuare a scontare un ritardo che, oltretutto, impatta negativamente sulla crescita economica e sociale del Paese. La strada per un reale cambiamento è chiara: conciliare famiglia e lavoro è un obiettivo da perseguire con determinazione, affinché il valore e il contributo delle donne non vengano relegati in secondo piano, ma riconosciuti come pilastri fondamentali della nostra società.