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La condanna del Papa alle industrie belliche: un guadagno che profuma di morte

In POLITICA
Maggio 01, 2024

Nel corso dell’udienza generale, tenutasi questa settimana in Vaticano, Papa Francesco ha rinnovato il suo implacabile impegno per advocare la pace, rivolgendo la sua attenzione verso le zone attualmente dilaniate dal conflitto e criticando aspramente le dinamiche economiche che sostengono le industrie armiere. Il pontefice ha esortato i fedeli a non cessare mai di pregare per la pace e ha condannato senza mezzi termini gli interessi economici che si annidano dietro la produzione e il commercio di armamenti.

“Pensiamo alla martoriata Ucraina, che soffre enormemente, pensiamo agli abitanti della Palestina e di Israele, attualmente in conflitto. Ricordiamoci anche dei Rohingya e del Myanmar”, ha detto il Papa, illustrando una mappa del dolore che tocca diversi angoli del globo. Questa visione globale del disastro bellico non solo sottolinea la portata universale del messaggio di pace di Francesco, ma dipinge anche un quadro vivido delle diverse crisi che continuano a devastare l’umanità.

In questo contesto, il Papa ha specificato: “Purtroppo oggi gli investimenti più redditizi risultano essere quelli nelle fabbriche di armi”. Questa dichiarazione porta alla luce una delle più grandi contraddizioni del nostro tempo: la ricerca del profitto attraverso strumenti di morte. Non solo il capo della Chiesa cattolica ha messo in guardia contro queste macabre speculazioni economiche, ma ha anche categorizzato tale guadagno come “terribile”, enfatizzando l’incongruenza morale di conseguire ricchezza attraverso i meccanismi della guerra e della violenza.

Il discorso di Papa Francesco non è estraneo ai palazzi del potere mondiale, dove le dinamiche della politica internazionale spesso si scontrano o si complicano proprio a causa degli interessi economici legati alle vendite di armamenti. In un’epoca in cui la diplomazia internazionale e le relazioni interstatali sono frequentemente intrecciate con gli scambi commerciali di materiale bellico, il messaggio del pontefice suona come un campanello d’allarme riguardo l’etica dell’economia globale.

Questi commenti si inseriscono in una narrazione più ampia, una voce che da anni il Vaticano solleva in difesa della pace e del diritto dei popoli di vivere in un mondo senza guerra. Chiedere la pace, sottolinea Papa Francesco, equivale a promuovere una “vera pace”, non semplicemente l’assenza di guerra, ma una pace costruita sulla giustizia, sull’eguaglianza e sul rispetto reciproco tra le nazioni.

In conclusione, attraverso queste riflessioni, Papa Francesco non solo conferma il suo impegno a difesa dei più fragili e delle regioni più turbolente del pianeta, ma pone anche le basi per un dialogo critico su come le pratiche economiche possano e debbano allinearsi a principi di giustizia umana e sociale più ampi. L’appello del Papa alla conversione delle attività economiche in iniziative che promuovono la vita e non la morte, risuona come un imperativo morale che chiama in causa ogni livello della società, dal singolo individuo alle grandi potenze mondiali.