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L’architetto dei grandi eventi sportivi, dialogo con Enzo Maria Genovese.

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Marzo 09, 2024
Molto interessante è stato conoscere il suo pensiero sulla recente tendenza in Italia di realizzare gli stadi di proprietà delle società sportive.

Partito dalla passione sportiva per le squadre del cuore della propria città, l’US Avellino e la Scandone, l’architetto Enzo Maria Genovese oggi rappresenta un must per ogni comitato organizzatore di grandi eventi sportivi. Lo ha dimostrato per le Universiadi di Napoli 2019, ai Campionati Europei di Nuoto di Roma 2022, dove in soli trenta giorni sul terreno del Pietrangeli furono prodotte ex novo due piscine, all’interno dei campi dai tennis, alle Universiadi di Cina 2023. Il gioco di squadra, la capacità di gestione e leadership, hanno fatto dell’architetto Genovese la figura giusta nel settore dello sport industry. Una recensione recita: “il suo atteggiamento non è rivolto ai problemi ma alle soluzioni e ti dà gli strumenti e la fiducia per realizzare tali soluzioni”. Molto interessante è stato conoscere il suo pensiero sulla recente tendenza in Italia di realizzare gli stadi di proprietà delle società sportive.

Hai seguito progetti e realizzazioni presenti in diversi Paesi, dall’Italia alla Cina quali i problemi che incontri operando in contesti così diversi tra loro?

I problemi li considero sempre una opportunità per evidenziare le proprie capacità ottenendo soluzioni corrette. Quando si lavora all’estero è necessario innanzitutto entrare nella realtà del paese che ci ospita, studiando le normative, acquisendo le abitudini locali e interpretando al meglio le procedure amministrative: la difficoltà sta proprio in questi aspetti. Spesso non c’è il tempo di sedimentare queste informazioni e si tende a tuffarsi immediatamente nelle attività operative. Sbagliato! Bisogna prima acquisire, per poi progettare come migliorare. Ma per acquisire, nel poco tempo che ci viene concesso, bisogna arrivare lì fortemente preparati e con piena padronanza dei criteri strutturali, ambientali, impiantistici, spaziali che, negli standard internazionali, regolano il disegno dei luoghi. Inoltre, far convergere il proprio know how nel sistema di lavoro di quella nazione, talvolta, particolarmente fuori dall’Europa, è inizialmente un po’ complicato.

Come si arriva a questa maturità, vuoi parlarci del tuo percorso formativo?

Sicuramente con tanto studio e tanto aggiornamento professionale. Io ogni giorno (e notte) studio per almeno 3 ore. I sistemi utilizzati in Italia sono certamente tra i migliori al mondo: pensiamo alle normative strutturali o a quelle di sicurezza. Conoscerle bene offre un vantaggio enorme nella fase di concept e il successivo sviluppo del progetto viene fortemente agevolato. Progettare rimandando a dopo, ad esempio la problematica impiantistica o antincendio, lo considero un grave errore. È, pertanto, un errore non conoscere tutti gli aspetti che confluiscono nell’opera: la definizione vitruviana della nostra professione, per me, è un dogma, ma richiede tanto sacrificio.

L’universo dello Sport è tanto importante quanto complesso, come si realizza un buon progetto di architettura in questo ambito?

È importantissima la fase di due diligence atta a comprendere il contesto sociale, le caratteristiche geomorfologiche del sito e le aspettative della popolazione. Un impianto sportivo ha un impatto devastante sulla viabilità, sul sistema di parcheggi, sui sottoservizi ecc. non si può progettare a freddo. Bisogna sentire il calore dell’opera che si va a disegnare. Quando si progetta una casa bisogna conoscere bene la famiglia che la abiterà per creare un ambiente adatto alla loro vita, e sono solo 4/5 persone. Se si progetta un impianto sportivo bisogna conoscere bene la gente che lo frequenterà per creare un sistema ambientale adatto a loro, e sono solo 5/10.000 persone! Quando vedo progetti di stadi replicati in varie città d’Italia, modificandoli solo cambiando i colori della squadra locale, rabbrividisco.

I grandi eventi sportivi rappresentano un grande successo per il Paese che li ospita, assieme agli eventi minori, generano un notevole giro d’affari, che programmi per il futuro?

L’Italia sta tornando ad essere un forte riferimento per gli eventi sportivi internazionali: i successi dell’Universiade di Napoli 2019, dei Campionati Europei di Nuoto di Roma 2022, degli Internazionali di Tennis di Roma, delle finali Masters di tennis a Torino e della RyderCup dimostrano la grande capacità che c’è in Italia in questo settore. Ci sono appuntamenti importanti nel prossimo futuro: i Campionati Europei di Atletica Leggera a Roma 2024, l’Universiade invernale a Torino 2025, le Olimpiadi invernali a Milano/Cortina 2026 e i Giochi del Mediterraneo a Taranto 2026. Questi eventi permetteranno alla nostra nazione di consolidare una posizione di assoluto vertice nello scenario internazionale.

Come mai in Italia sono poco diffusi gli stadi di proprietà delle società sportive?

L’Italia non è ancora pronta a questo perché le società sportive non sono ancora pronte! Lo saranno a breve, ma adesso ancora non lo sono: sono pochi gli esempi riusciti su un numero enorme di tentativi fatti in tutta Italia. Risultati, ovviamente, poco incoraggianti, vista la bassissima percentuale di successo delle iniziative, ma, comunque, un passo in avanti. Spesso queste iniziative sono legate a logiche affaristiche, basate sul modello inglese degli anni 90 che prevedeva il connubio tra centro commerciale e stadio, impianto aperto 7 giorni su 7, si va a fare shopping e poi si va allo stadio, bla bla bla: è un modello superato da anni perché non ha funzionato nel Regno Unito, non ha funzionato in Francia e non ha funzionato in Olanda! In Italia, invece, oggi, lo iniziamo a proporre? Aberrante! I modelli da seguire, nel 2024, sono altri: basti pensare alle venue negli USA, ma anche a quanto sta succedendo in Germania e Spagna: Dove sono i centri commerciali? Certamente non negli stadi. Negozi di vicinato, ristoranti, albergo, palestra, si! Ma non supermercati o negozi di abbigliamento o elettronica di consumo. In Italia si pensa di costruire stadi con progetti sostenuti economicamente con i ricavi provenienti dal centro commerciale. Lo hanno tentato in tanti prima di noi, non ci sono riusciti!

Grazie architetto.

di Giuseppe Di Giacomo –