829 views 8 mins 0 comments

L’architetto del Mediterraneo, dialogo con Alì Abu ganimeh.

In ATTUALITA', INSERTI ATTUALITA'
Marzo 01, 2024
Laureato presso la Facoltà di Architettura di Roma, attualmente è preside della School of Arts e Design dell’Università di Giordania, dopo aver ricoperto il ruolo di Preside della School of Engineering presso l’Università di Amman.

Ali Abu ghanimeh è nato a Irbid, in Giordania, nel 1957. Laureato presso la Facoltà di Architettura di Roma, attualmente è preside della School of Arts e Design dell’Università di Giordania, dopo aver ricoperto il ruolo di Preside della School of Engineering presso l’Università di Amman. Trattiene conferenze e seminari in diverse accademie e università arabe ed europee. È autore di numerose pubblicazioni tra cui: “Paolo Portoghesi”, “La moschea tra tradizione e innovazione”, “L’architettura islamica in Sicilia”, “La corte nell’architettura del Mediterraneo”. Abbiamo conosciuto l’architetto Abu ghanimeh molti anni fa in uno dei suoi tanti viaggi di lavoro in Italia e con vivo piacere abbiamo avuto modo di rivolgergli alcune domande partendo dal fatto che egli riesce ad operare in contesti che a noi appaiono così diversi tra loro, mentre è profondamente radicato in ognuno dei Paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo.

Hai sempre avuto una relazione forte con l’Italia, fin da giovane, quando frequentasti a lungo Roma. Credi che il viaggio sia ancora uno strumento valido per conoscere il mondo da parte di un giovane architetto, o semplicemente di un giovane studente?

Credo che viaggiare sia molto importante per tutti. Il viaggio è importante per tutte le vite ma in modo speciale per gli architetti perché si incontrano altre culture, altre identità, altri materiali, altri linguaggi architettonici, altri spazi interni, altri modi di vivere questi spazi. Si impara meglio viaggiando che leggendo solo i libri di architettura. Da quando sono arrivato in Italia nel ’75 per la prima volta, come studente, ho trovato molto utile visitare i paesi dell’Italia, dal sud al nord. Ho vissuto 17 anni a Roma, conoscendone gli sviluppi degli anni ’80 e ’90. Qui ho capito come si studia e come si progetta l’architettura. Ho visto edifici antichi vicini a quelli moderni. Ho conosciuto architetti come Paolo Portoghesi e tanti altri, tra questi Aldo Rossi che incontrai a Venezia. Ripeto sempre ai miei studenti ed ai colleghi assistenti di viaggiare sempre, perché viaggiare significa conoscere, svilupparti e questo vale sia per gli architetti che in generale per gli uomini.

Si parla spesso di architettura mediterranea. Indubbiamente, il bacino mediterraneo aveva una forte identità in Architettura, sia nell’antichità ma anche in buona parte del periodo moderno. Credi che questa lettura sia ancora valida ai giorni nostri?

Noi giordani viviamo nell’architettura mediterranea, siamo parte di essa. Sento molto il linguaggio dell’architettura del Mediterraneo per la mia lunga permanenza in Italia. L’architettura della pietra e del fango, degli alberi e della natura. L’architettura del rapporto tra materia ed ambiente, dove c’è la corte con un albero al centro. Con gli architetti Oliva Longo e Ivana Passamani dell’Università di Brescia ho scritto un saggio sulla corte nel Mediterraneo, con i contributi di numerosi architetti che vivono nel Mediterraneo, dall’Italia, al Libano, alla Palestina, Siria, Egitto, Giordania, Grecia e altri paesi che hanno illustrato la corte quale elemento fondamentale della casa. Altra presenza che si ritrova nelle case del mediterraneo è l’albero, presente anche negli edifici e nelle città. C’è molta somiglianza tra i popoli del bacino del mediterraneo. C’è somiglianza anche nell’odore del cibo, nel gusto dei dolci, nella natura. L’architettura del mediterraneo rispecchia questi luoghi. Personalmente sono molto contento di essere un mediterraneo. Chi vive nel mediterraneo ha un’apertura verso la cultura dell’altro. I colori per esempio sono un altro elemento fondamentale nel mediterraneo, la pietra vulcanica nera di Catania si trova anche a Umm Qais in Giordania.

Nelle tue ricerche ti sei spesso occupato dell’abitare. Prendiamo ad esempio la casa unifamiliare, la villa, credi che ci sia ancora un legame forte tra materiali e natura, tra contesto e forma. In Italia, o in generale nel Mediterraneo, c’è ancora interesse verso questa millenaria sensibilità?

La casa è un elemento importante per l’essere umano. Dall’antichità è sempre stato rilevante avere una casa tranquilla, sana, che funziona nell’estate come nell’inverno, avere gli spazi giusti. Questo viene ricercato nelle case della Giordania. Con lo sviluppo tecnologico la casa si è trasformata e sono cambiati anche i materiali. La pietra era essenziale per la casa di una volta, generava dei notevoli spessori. Oggi dipendiamo dalla tecnologia e la casa sta perdendo personalità. Anche la corte è cambiata. Ho nostalgia della casa dei miei nonni, nella casa moderna stiamo rincorrendo la velocità con la quale si evolve la tecnologia.

Oggi c’è molta più attenzione alla sostenibilità nella costruzione di un edificio. Elementi come la gestione passiva del rapporto caldo/freddo, i materiali ecocompatibili, gli elementi naturali: acqua, vento, etc. sono fattori che incidono nella qualità di un progetto. Anche la forma risente di questa importante esigenza. La storia moderna e la forma moderna come si conciliano con queste esigenze?

Oggi non si puo’ costruire come in passato, non ci sono piu’ le maestranze di una volta, è difficile trovare i materiali della tradizione ed è difficile trovare le persone disponibili a viverci. Nelle case moderne con un cellulare puoi accendere e spegnere le luci, azionare tapparelle, però con le tecniche moderne si è perso il senso dell’umanità. La tecnologia sta prendendo il posto del gusto e della bellezza. L’intelligenza artificiale sta prendendo il posto della bellezza naturale. Dovremmo lottare per il modello di casa dove il senso umano sia piu’ forte. La tecnologia aiuta ma non dobbiamo esserne dipendenti. Le case dovrebbero continuare ad essere realizzate con materiali naturali, estratti dalla terra e reinsediati in essa.

Che cosa hai imparato dall’Italia?

Ho imparato molto dall’Italia e dall’architettura italiana, dalle persone, dagli architetti, dalla vita sociale, dagli amici, dalle visite che ho fatto. A Roma, Napoli, Brescia, Palermo, Assisi, Perugia, Gaeta, posti bellissimi. Ho vissuto nella casa di amici comprendendo il loro modo di vivere. Per esempio nei Napoletani vedo la vita, la gente è sorridente, gridano, vivono bene malgrado le difficoltà che possono esserci nel loro mondo. Ho imparato a sorridere anche quando non sei troppo felice perché sorridere porta fortuna, serenità, porta bellezza. E di riflesso l’architettura di questi luoghi, le case, sono costruite con i colori della bellezza dell’Etna come a Catania, oppure in altre città vengono portati all’interno della casa i colori della frutta. Questa è un’architettura che porta fortuna a chi la vive.

Grazie Alì.

di Giuseppe Di Giacomo