875 views 6 mins 0 comments

Vincenzo Incenzo: Pace in musica, l’autore si racconta in attesa del live a Napoli.

In CAMPANIA, CULTURA, INSERTI CULTURA, NAPOLI
Dicembre 04, 2024
Premiato più volte con il prestigioso Premio Lunezia e il Premio SIAE, Incenzo non ha mai smesso di reinventarsi, spaziando dalla musica ai romanzi, dai musical alla poesia.

Vincenzo Incenzo, nato a Roma il 24 gennaio 1965, rappresenta una delle figure più apprezzate del panorama artistico italiano. Cantautore, scrittore, poeta, autore teatrale e regista, la sua carriera si snoda attraverso collaborazioni con i grandi nomi della musica italiana, come Renato Zero, Francesco Guccini, Lucio Dalla, Michele Zarrillo e PFM, solo per citarne alcuni. Ha scritto testi indimenticabili, lanciato giovani talenti e firmato progetti teatrali di grande successo come Romeo e Giulietta – Ama e cambia il mondo e Dracula Opera Rock. Premiato più volte con il prestigioso Premio Lunezia e il Premio SIAE, Incenzo non ha mai smesso di reinventarsi, spaziando dalla musica ai romanzi, dai musical alla poesia. Il suo impegno civile e il messaggio universale della sua arte sono oggi più vivi che mai, come testimonia il suo ultimo album, Pace. In questa intervista, il Maestro si racconta, svelando i retroscena della sua produzione artistica, il significato di “pace” nella sua visione musicale, e il suo rapporto con il pubblico nei concerti che lo vedranno protagonista nei prossimi mesi, cominciando da Napoli il 7 dicembre al teatro Mediterraneo. Un viaggio intenso e appassionato nella vita e nell’arte di un uomo che ha dedicato tutto sé stesso alla bellezza.

“Pace” è il titolo del tuo nuovo album, un termine semplice ma potente, cosa ti ha spinto a scegliere questa parola come filo conduttore del progetto e come desideri che il pubblico la interpreti in relazione ai messaggi delle canzoni?

PACE è una parola che è stata svilita e smembrata dagli squali della propaganda, una parola che deve essere restituita alla sua essenza e al suo agire. Mi piace pensare che ogni ascoltatore possa coglierla in modo personale e diverso, e possa tornare a farla propria, in un mondo che la pace non la prevede.

Nel brano “Lontano e Qui” parli di abbattere le distanze tra culture, razze e generi, quanto ritieni importante il ruolo della musica in questo processo di avvicinamento umano e quali sono le emozioni che speri di suscitare con questo pezzo?

Lo ritengo fondamentale. Il coro finale solenne testimonia il valore della musica e della voce come collante assoluto tra le genti, valore che può e deve ancora accendere il bisogno di amore e di conoscenza, la consapevolezza di sapersi vivi, il desiderio di apertura all’altro.

Con 11 partecipazioni al Festival di Sanremo come autore, siamo curiosi di sapere: cosa rappresenta oggi Sanremo per un artista come te e quali sono i tuoi pensieri sulla prossima edizione, che si preannuncia sempre più influenzata dai linguaggi moderni?

Sono sempre curioso e attento, mi interessano le nuove frontiere e le sfide della contemporaneità. Guardando la lista degli artisti mi sembra che manchi un segmento, quello più alternativo, noto un certo allineamento in due macroblocchi, uno più esiguo diciamo così, vintage, e l’altro sbilanciato un po’ verso il rap e la trap; quest’ultima ha segnato il passo ovunque nel mondo, ma noi siamo sempre gli ultimi ad accorgercene.

Il 7 dicembre suonerai a Napoli insieme ad Amedeo Minghi, e poi a Castiglion Fiorentino e a Roma per presentare “Pace”. come si differenzieranno questi concerti e cosa ti emoziona di più nel tornare sul palco a contatto con il pubblico?

Intanto sotto l’aspetto tecnico: a Napoli suonerò in trio, a Roma con la band al completo. Non faccio mai un concerto uguale a un altro, impossibile, l’empatia con il pubblico a volte comporta anche cambiamenti in corsa della scaletta. Quello che più mi piace è avere il pubblico fisicamente vicino, scelgo sempre spazi che permettano questo, perché oltre alla musica nei miei concerti c’è il racconto, il dialogo.

Nel tuo album ci sono influenze che spaziano tra acustico ed elettronico, culminando con la voce dei bambini della costa colombiana., come hai lavorato per unire questi elementi così diversi e cosa rappresentano per te le voci dei più piccoli nel contesto di un disco così intenso?

Mi interessa la contaminazione da sempre, mi piace rompere le linee e cercare anche nel solco della tradizione cantautorale, codici innovativi. Quelle voci che ho registrato personalmente, che chiedono acqua alle loro madri ma che sanno di non poterla bere perché è contaminata, rappresentano la luce, la speranza che un giorno tocchi agli ultimi, alle madri e ai bambini persi in mare, agli esodati, ai braccianti spezzati nei campi, essere toccati dal profumo di un qualsiasi Dio della giustizia e della pace.

Grazie

di Giuseppe Di Giacomo