È stato firmato recentemente all’Aran il rinnovo del contratto per il triennio 2022-24 che riguarda le Funzioni centrali, un settore che compre circa 195mila lavoratori che operano in ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici, inclusi Inps e Inail. L’accordo, che ha visto la firma di Cisl-Fp e dei sindacati autonomi Confsal Unsa, Flp e Confintesa Fp, ha però incontrato l’opposizione di Fp-Cgil e Uil-Pa.
Le discrepanze tra i firmatari e i dissidenti non sono di poco conto. L’accordo sancito prevede un incremento salariale medio di 165 euro al mese ripartito su tredici mensilità, e introduce la possibilità di adottare una settimana lavorativa di quattro giorni, su base sperimentale e volontaria, mantenendo comunque le 36 ore settimanali.
La decisione di procedere alla firma del contratto, che rappresenta la maggioranza con il 54,6% delle adesioni, è stata interpretata da alcuni come una potenziale risposta alle esigenze di modernizzazione degli orari di lavoro e un adeguato riconoscimento economico. Tuttavia, per i sindacati non firmatari, questa scelta rappresenta una forzatura in un contesto di trattativa ancora aperto e suscettibile di ulteriori miglioramenti.
In particolare, i segretari generali di Fp-Cgil, Serena Sorrentino, e di Uil-Pa, Sandro Colombi, hanno criticato aspramente la decisione di proseguire senza attendere ulteriori negoziazioni, specialmente alla luce di un incontro già programmato a palazzo Chigi. Le loro preoccupazioni sottolineano una percezione di negligenza verso le esigenze dei lavoratori del settore, una situazione che, a loro avviso, merita maggiore attenzione e sensibilità.
Nel quadro di questa crescente tensione, Maurizio Landini, segretario della Cgil, ha espresso una posizione ancor più radicale, invocando la necessità di una “rivolta sociale” per far fronte a quello che descrive come un trattamento inadeguato delle esigenze dei lavoratori. Parlando a margine di un’assemblea nazionale dei delegati a Milano, Landini ha chiarito che l’obiettivo è cambiare non solo il contratto in discussione ma più in generale le politiche di bilancio e le condizioni di vita e lavoro in Italia.
Le reazioni a queste dichiarazioni non si sono fatte attendere: Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, ha risposto con durezza, accusando Landini di irresponsabilità per le sue parole e mettendolo in guardia sulle possibili implicazioni legali e sociali di un’apparente incitazione alla violenza.
La situazione esemplifica una frattura significativa tra la visione di alcuni sindacati e quella del governo e altri enti coinvolti nel processo di negoziazione. Si delineano così due visioni del futuro del lavoro pubblico: una attenta alla flessibilità e all’incremento economico immediato e un’altra più focalizzata sulle garanzie di lungo termine e su una riforma più strutturale di stipendi e condizioni lavorative. La definizione di questi elementi sarà cruciale nei prossimi giorni, con possibili sviluppi sia in sede politica che sociale.