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Dall’eccellenza accademica internazionale al cuore del Molise: il professor Roberto dell’Omo racconta la sua visione per l’oftalmologia italiana.

In ATTUALITA', INSERTI SCIENZA
Agosto 09, 2025
Con oltre 4.000 interventi all’attivo, 78 pubblicazioni scientifiche e una consolidata esperienza nella chirurgia vitreo-retinica, il professor dell’Omo ha saputo coniugare l’eccellenza clinica con una forte vocazione alla formazione.

Nel cuore del Molise, tra le corsie dell’Ospedale “Antonio Cardarelli” e le aule dell’Università degli Studi del Molise, il professor Roberto dell’Omo rappresenta un punto di riferimento nazionale per l’oftalmologia. Medico chirurgo con una carriera internazionale di altissimo livello in centri d’eccellenza come il Moorfields Eye Hospital di Londra e l’Academic Medical Center di Amsterdam, oggi dirige sia l’Unità Operativa Complessa di Oftalmologia del principale ospedale regionale, sia la Scuola di Specializzazione in Oftalmologia dell’ateneo molisano. Con oltre 4.000 interventi all’attivo, 78 pubblicazioni scientifiche e una consolidata esperienza nella chirurgia vitreo-retinica, il professor dell’Omo ha saputo coniugare l’eccellenza clinica con una forte vocazione alla formazione. In questa intervista, ci racconta come il legame tra pratica ospedaliera e insegnamento accademico sia fondamentale per formare i medici del futuro, le sfide e le opportunità della ricerca in campo retinico, e come il Molise, pur tra difficoltà strutturali, riesca a emergere come polo di eccellenza oftalmologica.

Professore, attualmente dirige sia l’Unità Operativa Complessa di Oftalmologia all’Ospedale “Cardarelli” di Campobasso, sia la Scuola di Specializzazione in Oftalmologia all’Università del Molise, quanto è importante per lei il legame tra pratica clinica e formazione?

E’ un legame importantissimo da coltivare con cura per formare nel migliore dei modi le nuove generazioni di specialisti. Come noto, uno dei problemi fondamentali di alcune Scuole di specializzazione in Italia è la mancanza di pratica clinica adeguata. Mi riferisco in particolar modo alla possibilità, da parte dei medici in formazione, di valutare e trattare patologie che richiedano un approccio medico-chirurgico urgente. Insegnare ai giovani può essere faticoso ma è un investimento indispensabile per il futuro del nostro sistema sanitario nazionale.

Il suo percorso formativo e professionale l’ha portata da Roma a Londra, e poi ad Amsterdam, come queste esperienze internazionali hanno influenzato il suo approccio clinico e accademico?

Sono state esperienze fondamentali, ho avuto la fortuna di lavorare con colleghi eccezionali che hanno contribuito in modo determinante alla mia crescita professionale e scientifica. Dell’esperienza a Londra, ho apprezzato moltissimo la propensione all’insegnamento e alla collaborazione tra ricercatori brillantissimi, famosi in tutto il mondo, e giovani medici in formazione. Ho imparato quanto sia importante lavorare in un team affiatato e motivato. Ringrazio tutti i miei collaboratori ed il personale della UOC per il lavoro eccezionale che svolgono ogni giorno.

I suoi interessi scientifici si concentrano soprattutto sul trattamento delle patologie vitreo-retiniche e sull’imaging retinico. Quali sono oggi le frontiere più promettenti della ricerca in questi ambiti?

L’imaging ci permette di valutare con precisione aspetti che venivano trascurati in passato. Ad esempio, riferendoci al distacco di retina, l’imaging post-operatorio ci ha insegnato quali tecniche chirurgiche e quali accorgimenti nell’ambito di una determinata tecnica possano consentire al paziente di recuperare al meglio la funzione visiva. Questo è reso possibile dal fatto che l’imaging ci consente di valutare dettagli che non erano apprezzabili con le tradizionali tecniche diagnostiche. Siamo passati dal semplice “riattaccare la retina” al “riattaccare la retina nel modo più fisiologico possibile”.

In che modo la tecnologia ha cambiato — o sta cambiando — la diagnosi e il trattamento delle malattie della retina? Pensa che l’intelligenza artificiale possa avere un ruolo nel prossimo futuro?

L’evolversi delle strumentazioni diagnostiche e delle piattaforme chirurgiche ci consente di comprendere meglio la patogenesi delle malattie e di intervenire in modo più preciso e sicuro nel trattamento delle stesse. Nel campo dell’imaging, programmi di intelligenza artificiale sono già ampiamente utilizzati in oftalmologia per lo screening e la diagnosi di malattie retiniche molto comuni quali la retinopatia diabetica e la degenerazione maculare correlata all’età. La collaborazione con altri centri, nazionali ed internazionali, ci permette di avere a disposizione un grande numero di dati, un presupposto fondamentale per “educare” al meglio e rendere più efficienti ed affidabili i programmi di IA.

Lei lavora in Molise, una regione spesso poco raccontata a livello sanitario, quali sono, secondo lei, le eccellenze e le criticità del sistema sanitario territoriale nel campo dell’oftalmologia?

Come altre Regioni del Centro-Sud, il Molise è da anni commissariato per la Sanità. Questo implica limitazioni nei fondi a disposizione per l’aggiornamento tecnologico e per l’assunzione di personale. Pur con queste difficoltà, la direzione aziendale, ha cercato nel corso degli anni e nei limiti delle risorse a disposizione, di supportare il nostro lavoro nel miglior modo possibile. Attualmente circa il 70% delle urgenze che trattiamo chirurgicamente proviene da altre regioni. E’ una dimostrazione di fiducia e di stima da parte di medici e di pazienti che vivono in realtà distanti dalla nostra. Questo ci riempie di orgoglio e ci sprona ad offrire un servizio che speriamo possa venire sempre più incontro alle aspettative dei nostri pazienti sia dal punto di vista professionale che umano.

Grazie

di Giuseppe Di Giacomo