
La visione di un gigante dell’aviazione che possa tener testa ai grandi nomi internazionali sembra essere una strada in salita per l’Italia, secondo quanto espresso dal Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in una recente dichiarazione. Durante l’evento della convention di Identità e democrazia, “Winds of Change”, tenutosi a Roma, il ministro ha parlato di uno sforzo lungo dieci mesi che l’Italia ha posto nell’ambito della compagnia aerea Ita, erede della precedente Alitalia, evidenziando le difficoltà poste dalle regole dell’Unione Europea nel permettere a tale compagnia di scalare posizioni nell’arena del trasporto aereo globale.
Le parole del ministro riflettono una frustrazione più ampia verso un sistema che pare avere più di uno scoglio burocratico. Il suo intervento ha puntato i riflettori sulle problematiche legate alla burocrazia, sia italiana che europea, specialmente in relazione al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), uno strumento finanziario cruciale per la ripartenza del paese dopo la pandemia di COVID-19. Questo piano, che coinvolge una notevole quantità di debito contratto dall’Italia, secondo Giorgetti, incontrerebbe impedimenti burocratici che si traducono in una limitazione all’azione imprenditoriale.
La discussione intorno a Ita ha posto al centro l’aspirazione nazionale a confrontarsi su una scala più vasta, in una competizione che non si limiti al panorama europeo ma che possa estendersi, in termini di offerta e servizi, al di là dei confini continentali. La nuova compagnia aerea Ita viene vista, dunque, come un possibile simbolo di un’Italia che punta a un ruolo maggiore sul palcoscenico mondiale e, al contempo, come una testimonianza delle sfide che il paese deve superare nel quadro delle politiche europee.
La questione sollevata da Giorgetti è, per l’Italia, una di quelle criticità da affrontare nello specifico settore dell’aviazione, ma riflette anche le tensioni più ampie tra le ambizioni nazionali degli stati membri e il quadro normativo che l’Unione Europea impone per garantire equità, concorrenza leale e sostegno ai vari settori economici. Alla luce di ciò, emerge un interrogativo più generale: l’Europa sarà in grado di favorire lo spirito imprenditoriale e l’innovazione senza soffocarli sotto il peso della regolamentazione, oppure continuerà a essere percepita come un ostacolo da parte di chi cerca di espandere i propri orizzonti economici e commerciali?