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I venti di guerra e la lezione finlandese, come preparare un kit di sopravvivenza per 72 ore.

In ATTUALITA', OPINIONE
Settembre 22, 2025
L'editoriale del direttore.

C’è un cielo che inquieta l’Europa è solcato da aerei militari russi che sfidano le zone d’identificazione dei Paesi Nato, alimentando tensioni che non si possono più liquidare come semplici “incidenti”. È attraversato dal rumore delle guerre vicine: l’Ucraina che resiste a un conflitto logorante, Israele che brucia in una spirale di violenza regionale. E intanto, l’Atlantico non è più la certezza di un tempo: i rapporti con gli Stati Uniti, come già espresso in un recente editoriale, oscillano tra la solidarietà strategica e un disincanto crescente. Il Vecchio Continente si trova a metà del guado, fragile come non mai, e come spiegato dal ministro della difesa Guido Crosetto, l’Italia risulta impreparata ad un possibile conflitto. Non è soltanto la guerra in Ucraina a scuoterlo, ma l’insieme di crisi concatenanti – energetiche, alimentari, informatiche,   una   nuova   pandemia   –   che   mostrano   quanto   sia   precario   il   nostro   sistema   interconnesso.   In   questo scenario, la domanda non è più se arriverà la prossima emergenza, ma quando e in quale forma. Ed è qui che entra in gioco un Paese che raramente detta l’agenda, ma che oggi appare come una bussola: la Finlandia. Da anni Helsinki ha scelto   di   prepararsi   al   peggio,   non   con   proclami,   ma   con   disciplina:   riserve   di   cereali   sufficienti   per   nove   mesi, un’agricoltura nazionale che copre l’80% del fabbisogno, scorte domestiche per ogni famiglia capaci di sostenere tre giorni di autosufficienza, 72 ore.   Dove ogni nucleo familiare deve essere autosufficiente: avere cibo e acqua in bottiglia a sufficienza (cinque litri a persona) per tre giorni, di avere una scorta di alimenti secchi a lunga conservazione, come noci o frutta secca, includendo articoli come un kit di pronto soccorso, compresse di iodio, una radio a batteria, una torcia, un power bank, un fornello portatile, carta igienica e nastro adesivo.  Non è retorica patriottica, è pragmatismo nordico. È resilienza fatta di pianificazione, di fiducia tra istituzioni e cittadini, di un patto sociale che non lascia spazio all’improvvisazione. L’Italia – e più in generale l’Europa mediterranea – dovrebbero riflettere su questa lezione. Perché se la Finlandia guarda ai suoi inverni lunghi e alla minaccia di un vicino ingombrante come la Russia, noi viviamo altre fragilità:   la   dipendenza   dalle   importazioni   alimentari   ed   energetiche,   la   vulnerabilità   logistica   dei   porti,   la   cronica assenza di una cultura diffusa della preparazione. Le nostre famiglie, abituate al “just in time” dei supermercati e al mito della spesa quotidiana, sarebbero pronte a garantire tre giorni di autonomia? E le nostre istituzioni hanno davvero piani operativi condivisi con imprese e cittadini? La Finlandia ci ricorda che la sicurezza non è solo questione di confini o alleanze militari, ma anche di frigoriferi pieni, di carburante disponibile, di reti resilienti. Significa sapere che, quando il mondo   trema,   lo   Stato   e   i   cittadini   hanno   già   fatto   il   necessario   per   resistere.   In   un’Europa   che   rischia   di   farsi sorprendere ancora una volta dagli eventi – come accadde con la pandemia, come accade oggi con le guerre ai nostri confini   –   l’imitazione   non   sarebbe   un   segno   di   debolezza,   ma   di   maturità.   Non   servono   slogan,   serve   un   patto   di preparazione nazionale. Perché la prossima crisi non chiederà il permesso: arriverà, e sarà troppo tardi per improvvisare.

di Giuseppe Di Giacomo