
Isabella Turso, pianista e compositrice di fama, si esibirà il 24 novembre al Teatro Bolivar di Napoli in un concerto che promette di essere un autentico viaggio musicale attraverso le atmosfere e i colori della notte. L’evento, oltre a esplorare nuovi paesaggi sonori, è anche un’esperienza sensoriale che unisce musica, sound design e visual concept, con una forte attenzione all’ecosostenibilità. Accanto alla sensibilità artistica di Isabella, l’impegno per l’ambiente emerge anche dalla scelta di viaggiare esclusivamente su un’auto elettrica durante il tour, a bordo della quale ha anche registrato gli episodi del suo “Nightfall Podcast”. Al pianoforte di Isabella si affiancheranno le innovazioni sonore del produttore Ludovico Clemente, mentre il contributo visivo dell’artista Stefano Cagol aggiungerà un tocco suggestivo all’evento. Tra i brani che eseguirà, spiccano collaborazioni come “Nightfall” con la celebre violoncellista Tina Guo e “Rêverie” con il chitarrista Luca Nobis, oltre a composizioni come “Café Terrace at Night” ispirata a Van Gogh, “Amanda’s Theme” dedicata alle donne e “Lullafly”, una ninna nanna per i bambini afflitti dalle guerre.
Il “Nightfall Piano Tour” esplora le atmosfere della notte. Come descriveresti l’importanza della notte nella tua musica e qual è il messaggio principale che desideri trasmettere al pubblico con questo tour?
La notte, così come la musica, sono amplificatori di emozioni. I pensieri, le idee, i ricordi, le riflessioni scorrono liberi, sogniamo di più, ascoltiamo meglio. La notte è mutevole, è una sorta di dimensione parallela dove aumentano le percezioni e si è più sensibili, più vulnerabili, più predisposti all’ascolto. Si aprono scenari nuovi e misteriosi, siamo liberi di viaggiare senza confini, all’avventura. È una culla di emozioni che racchiude in sé tutte quelle sfumature che il giorno inevitabilmente confonde ed è per me uno spazio vitale in cui le idee trovano ascolto e suggestiva restituzione in forma artistica. Voglio portare tutte queste emozioni sul palco e viverle assieme al pubblico, in un viaggio avventuroso, dal tramonto all’alba.
Napoli è una piazza storica per la musica italiana. È la prima volta che ci suoni? Quale pensi possa essere la reazione del pubblico?
È la prima volta che porto a Napoli la mia musica ed è un grande onore e una emozione fortissima, un sogno che si realizza. Amo Napoli e i suoi mille colori! Nel tempo ho avuto modo di apprezzarne tante sfumature e ogni volta mi cattura. Come se fossi di casa e, in effetti, nelle mie vene scorre sangue campano! Il mio viaggio musicale attraverso le sfumature della notte non poteva trovare un miglior approdo. Mi auguro sempre e soltanto una cosa: di far emozionare.
Il tuo impegno per la sostenibilità è evidente, non solo nei temi della tua musica ma anche nelle scelte logistiche del tour, come l’uso dell’auto elettrica. In che modo pensi che la musica possa sensibilizzare le persone su temi ambientali?
La mia musica esprime una forte sinergia con l’ambiente perché ne trae ispirazione e in generale credo abbia il super potere di amplificare un’idea, un messaggio e di sensibilizzare grazie a un linguaggio che prevede il coinvolgimento emotivo. Ho da sempre avuto a cuore i valori della eco sostenibilità che cerco di rispettare anche nella mia quotidianità. Inoltre, lo spettacolo vanta la partecipazione dell’artista contemporaneo Stefano Cagol, che ha realizzato per l’occasione uno speciale visual concept legato al tema del cambiamento climatico, in un viaggio tra il bagliore dei ghiacci più antichi del pianeta e una notte profonda di stelle e immaginazione.
L’album “The Never Ending Now” insieme allo slam poet americano IN-Q è una collaborazione piuttosto insolita. Come sta andando l’album?
Sono solita ai progetti insoliti! Mi piace sperimentare, ricercare i punti in comune, accorciare le distanze. Con IN-Q è stato tutto molto naturale, ci siamo incontrati per la prima volta in studio a Los Angeles e abbiamo abbozzato alcuni brani per capire quanta connessione ci fosse tra noi. È scattato qualcosa di magico e unico, lo abbiamo trasformato nei mesi successivi in quello che poi sarebbe diventato un vero e proprio album. Un racconto intimo e personale che oggi è in corsa per la nomination ai Grammy. Non dico altro per scaramanzia…
Hai un background musicale molto eclettico, che spazia dalla musica classica al jazz, rock e rap. Come riesci a mantenere la tua identità artistica mentre esplori generi così diversi?
Cerco di non perdere di vista l’obiettivo primario, quello di avvicinare linguaggi differenti che tendono a voler comunicare lo stesso concetto. Preferisco sempre cercare le affinità, piuttosto che sottolineare le differenze. Capita di disorientarsi quando ti allontani dalle tue certezze ed è anche importante perdersi per poi ritrovarsi con più cose da dire, magari con più mezzi per superare gli ostacoli. Sicuramente abbracciare più sensibilità artistiche differenti ti aiuta a comprenderne i punti in comune ed è un grande arricchimento sotto tanti aspetti.
di Giuseppe Di Giacomo

