Nell’ultimo monitoraggio relativo ai flussi di pensionamento durante i primi sei mesi del 2024, emerge un dato significativo: 27.962 delle 99.707 pensioni anticipate, pari al 28%, sono state erogate a lavoratori che non hanno ancora raggiunto i 60 anni di età. Questa tendenza non solo sottolinea uno spostamento nel comportamento delle generazioni lavorative, ma solleva anche questioni importanti riguardo il sistema previdenziale e il mercato del lavoro in Italia.
Tradizionalmente, la pensione veniva vista come un traguardo raggiunto al termine di una lunga carriera. Tuttavia, i recenti dati mostrano una realtà differente: un significativo numero di lavoratori opta per una cessazione anticipata dell’attività lavorativa, sfruttando le normative che consentono il pensionamento dopo 42 anni e 10 mesi di contributi, indipendentemente dall’età. Questa opzione è stata particolarmente frequente tra i dipendenti del settore privato, con 17.074 pensionamenti anticipati registrati tra individui sotto i 60 anni, rappresentando il 33% del totale in questa categoria.
Il fenomeno ha implicazioni profonde. Da una parte, evidenzia la crescente tendenza a intraprendere percorsi lavorativi intensivi e precoci, spesso già conclusi prima dei sessant’anni. D’altro canto, mette in luce le sfide del sistema previdenziale che deve adattarsi a una popolazione in pensione sempre più giovane.
L’indagine ha inoltre rivelato che circa la metà delle pensioni anticipate vengono erogate prima dei 62 anni, soglia per accesso a Quota 103. Questo dato si riflette nell’età media di chi accede alla pensione anticipata: per i dipendenti del settore privato, per esempio, l’età media è di 61,2 anni. In contrasto, per i pubblici dipendenti e i commercianti, l’età media si attesta leggermente più alta, rispettivamente a 61,7 e 62,1 anni.
L’analisi del complesso delle pensioni anticipate nel 2023 rafforza questa tendenza. Si è osservato che, su un totale di 228.570 pensioni anticipate, 62.267 sono state erogate a lavoratori che non avevano ancora compiuto 60 anni, costituendo il 27,2% del totale. Un numero considerevole che solleva questioni riguardo l’equilibrio del sistema previdenziale italiano e l’età di ritiro dal mondo del lavoro.
In questo contesto, emergono proposte di adattamento delle politiche pensionistiche, tra cui la modifica della “finestra mobile”, tecnica che potrebbe influenzare l’età di pensionamento indipendentemente dai contributi versati. Tale intervento potrebbe potenzialmente impattare fino a 200.000 lavoratori all’anno, se fosse adottato come principale criterio di uscita dal lavoro.
In conclusione, il panorama del pensionamento anticipato in Italia sta offrendo uno spaccato della nostra società e delle sue future direzioni economiche e sociali. Se da un lato rappresenta una possibilità per i lavoratori di godere di più tempo libero nella terza età, dall’altro solleva interrogativi sulla sostenibilità di tale tendenza nel lungo periodo. Le scelte politiche future avranno un ruolo cruciale nel determinare se questa modalità di pensionamento resterà una strategia vantaggiosa o se necessiterà di essere ricalibrata in funzione delle esigenze economico-sociali del paese.
