
Il nuovo disegno di legge (ddl) sulla sicurezza, che si sta facendo strada nelle aule parlamentari, porta con sé una serie di innovazioni e regolamenti che stanno suscitando un vivace dibattito tra favorevoli e contrari. Questo documento legislativo si propone di affrontare e risolvere alcune delle questioni più delicate e spinose in materia di sicurezza pubblica e ordine interno, introducendo misure che spaziano dall’uso di tecnologie avanzate fino alla modifica di norme penali e procedurali.
Uno degli aspetti più significativi del ddl riguarda l’introduzione delle bodycam per gli agenti delle forze di polizia. Con un investimento di 23,4 milioni di euro distribuiti su tre anni, si prevede il dispiegamento di queste telecamere, non obbligatorie ma sicuramente incentivanti, durante l’espletamento dei servizi di ordine pubblico. Questo strumento è visto da molti come un passo avanti verso l’aumento di trasparenza e responsabilità delle forze dell’ordine, anche se la mancanza di numeri identificativi sulle divise rimane un nodo non risolto.
In aggiunta, il ddl prevede l’ufficializzazione dell’utilizzo di videocamere durante gli interrogatori, un cambiamento descritto come una protezione sia per i cittadini che per gli agenti dalle accuse infondate. Questo sembra indirizzare il sistema verso una maggiore equità processuale, offrendo una documentazione oggettiva di procedimenti che, in passato, potevano prestarsi a interpretazioni o contestazioni ambigue.
Il provvedimento ha suscitato reazioni forti anche per la cosiddetta “norma anti-Gandhi”, che penalizza severamente chi intralcia le vie pubbliche, come strade o ferrovie, con pene che possono arrivare fino a due anni se l’atto viene compiuto da gruppi. Misure simili hanno sollevato preoccupazioni in seno alle forze dell’opposizione e tra gli attivisti per i diritti civili, che vedono in questa legge una possibile restrizione della libertà di manifestazione pacifica.
La legge introduce anche delle modificazioni riguardanti le madri detenute, rendendo facoltativo l’attuale obbligo di rinvio della pena per le donne in gravidanza o con bambini piccoli, una mossa che rischia di avere forti ripercussioni sul benessere delle famiglie coinvolte.
Il settore della cannabis light, in precedenza tollerato, subisce un notevole giro di vite. Il ddl impone uno stop categorico alla coltivazione e vendita di cannabis a basso contenuto di THC per usi non industriali, equiparando di fatto le infiorescenze di cannabis light a quelle di varietà più potenti nel contesto delle norme sulle sostanze stupefacenti.
Le modifiche includono anche pene aggravate per chi ostacola la costruzione di opere pubbliche strategiche, come nel caso degli attivisti No TAV, e un ampliamento della tutela legale per le forze dell’ordine, con un raddoppio dei limiti di spesa per le difese legali, ora esteso fino a 10.000 euro.
Non mancano, infine, normative che rispondono a questioni sociali acute, come l’inasprimento delle pene per chi utilizza minori nell’accattonaggio, alzando sia l’età minima fino a 16 anni sia la pena massima fino a cinque anni.
Il ddl, con tutti i suoi aspetti, sottolinea l’intento del governo di rispondere alle richieste di sicurezza con un approccio che è tanto tecnologico quanto punitivo. Nonostante le buone intenzioni di alcune misure, non mancano le critiche per quello che alcuni vedono come un atteggiamento troppo rigido e, in certi casi, una potenziale minaccia alle libertà fondamentali dei cittadini. Questo mosaico normativo sarà oggetto di analisi e discussioni che, senza dubbio, influenzeranno la struttura sociale e legale del paese nei prossimi anni.