
In risposta alla recente vendita delle partecipazioni dello stabilimento Flextronics di Trieste al fondo tedesco FairCap, Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico, esprime una decisa critica verso il gruppo acquirente. Infatti, il timore che sorge è legato non solo alla cessione in sé, ma alla presunta sottovalutazione delle potenzialità combattive e della coesione imprenditoriale del territorio da parte del nuovo gestore.
Flextronics, noto colosso nell’ambito della produzione elettronica, ha stabilito una solida presenza a Trieste, giocando un ruolo cruciale per l’economia locale. La decisione di vendere le quote a FairCap, un fondo di investimento con sede a Berlino, ha sollevato una serie di interrogativi sulla futura gestione del sito e sul mantenimento dei livelli occupazionali.
Agrusti, con un tono decisamente fermo e resoluto, sottolinea come il contesto imprenditoriale del Nordest italiano sia storicamente caratterizzato da una forte capacità di resilienza e di mobilitazione comune in risposta agli shock esterni e alle crisi. “Non hanno capito quanta capacità di combattere insieme c’è in questo territorio”, afferma il presidente, evidenziando come l’integrazione e la solidarietà tra le aziende della zona siano risorse preziose e decisive in situazioni di difficoltà.
L’approccio combattivo e proattivo adottato dalle imprese del Alto Adriatico può quindi rappresentare un modello di resilienza economica, contrapposto a quello che Agrusti percepisce come un approccio più distaccato e meno radicato al contesto locale da parte di FairCap.
Inoltre, il presidente di Confindustria AA non manca di lanciare una sfida implicita, sottolineando che ci sono, e ci saranno, le possibilità di reazione e di miglioramento, purché ci sia la volontà di approcciarsi con determinazione alle sfide. “Ci sono sempre i margini, basta metterseli”, incalza Agrusti, suggerendo che la determinazione e la strategicità possono tracciare la via per superare le avversità.
L’intera vicenda solleva quindi questioni più ampie relative all’impatto degli investimenti esteri sul tessuto produttivo italiano, specialmente in regioni con forte identità industriale come il Friuli Venezia Giulia. La discussione si allarga sul come le dinamiche di acquisizione da parte di fondi internazionali possano influenzare non solo l’economia, ma anche il senso di comunità e la coesione interna delle aree interessate.
La resistenza espressa da figure come Agrusti evidenzia l’importanza di una gestione aziendale che sia consapevole e rispettosa delle realtà locali, valorizzando le peculiarità e le capacità esistenti. Aspetti questi che, secondo Agrusti, sembrano essere stati sottovalutati nella recente operazione di acquisizione.
In conclusione, la vertenza di Flextronics si pone come spartiacque capace di illustrare non solo le criticità legate alle pratiche di investimento estero, ma anche la resilienza e l’intraprendenza di un intero territorio, che guarda al futuro nonostante le incertezze, armato di una coesione che spera di dimostrarsi più incisiva di qualsiasi strategia aziendale non radicata nelle reali dinamiche locali.