
Roma 12 ottobre. Mentre le luci del Palazzo dello Sport si abbassano e la folla esplode in un boato, Damiano Davide entra in scena. È la seconda serata romana del suo tour solista — e la capitale vibra. Dietro di lui, lo schermo proietta immagini in bianco e nero di un passato che sembra lontano: quello dei Måneskin. Davanti, un mare di fan che urlano il suo nome, segno che la metamorfosi è compiuta. Sul palco, Damiano non è più solo il frontman di una band esplosa a livello mondiale: è un artista che si è scrollato di dosso un’etichetta, per ritrovare se stesso tra le pieghe di un nuovo sound. Vestito di pelle tatuata, voce roca, sguardo magnetico — il mix che lo ha reso un’icona è intatto, ma l’energia è diversa: più personale, più sporca, più vera. Le prime note di “Rebirth” — il singolo che ha segnato il suo ritorno — scuotono la platea. È un brano viscerale, costruito su chitarre ruvide e una produzione che guarda al rock alternativo britannico dei primi 2000, con un tocco di soul decadente. “Questo sono io, adesso,” dice Damiano al microfono tra un pezzo e l’altro, con un sorriso che sa di liberazione. Le prime date italiane hanno già raccontato tutto: Milano lo ha accolto con un tutto esaurito in meno di ventiquattro ore, tra recensioni entusiaste e un pubblico in delirio; Roma, ieri sera, ha vissuto un debutto da manuale, con momenti di pura connessione emotiva — un duetto improvvisato con il pubblico su “The Fall” e una dedica accorata alla città che lo ha visto crescere. Questa seconda serata è la consacrazione. Damiano alterna pezzi del suo nuovo album “Phoenix” a reinterpretazioni più cupe e mature dei classici dei Måneskin, trasformati in lente confessioni blues-rock. L’arrangiamento di “Beggin’”, rallentato e carico di tensione, lascia tutti a bocca aperta: un gesto audace, ma sincero, come tutto ciò che lo riguarda oggi. Il pubblico — dai giovanissimi ai rocker di lunga data — canta ogni parola. Non c’è più distanza tra palco e platea, solo un flusso di energia che attraversa la sala. Il tour, partito da Londra a fine settembre, sta confermando ciò che in molti sospettavano: Damiano Davide è pronto a camminare da solo. Lontano dal clamore del fenomeno Måneskin, sta costruendo un percorso autentico, fatto di rock, introspezione e rabbia elegante. Sul finale, con “Lights Out”, l’atmosfera si fa mistica: le luci si spengono, il pubblico accende gli smartphone, e per qualche minuto sembra davvero che Roma intera stia respirando con lui. Mentre le ultime note svaniscono, una cosa è chiara: non è un addio al passato, ma un nuovo inizio. Le foto in diretta del concerto di Roma (12 ottobre) sono pubblicate a margine di questo articolo — scatti esclusivi dal pubblico e dal backstage, per catturare l’anima di una serata già entrata nella storia del rock italiano.
di Giuseppe Di Giacomo




