Ernesto Maria Ruffini, avvocato tributarista di chiara fama e figura spiccate nel panorama fiscale italiano, ha segnato quasi un decennio alla guida dell’amministrazione fiscale del paese, un percorso che prende le mosse dall’ormai defunta Equitalia fino alle recenti innovazioni digitali dell’Agenzia delle entrate. La sua gestione si caratterizza per significativi passi avanti nella digitalizzazione e efficaci strategie contro l’evasione fiscale, un binomio che ha prodotto risultati senza precedenti.
Nativo di Palermo, classe 1969, Ruffini è un erede della tradizione pubblica: su padre Attilio Ruffini era politico e ministro, e il fratello Paolo è un influente giornalista vaticano. Dopo la laurea in giurisprudenza alla Sapienza di Roma ed una proficua carriera come avvocato tributarista, la sua ascesa nel settore pubblico inizia veramente sotto il governo di Matteo Renzi, quando nel 2015 gli viene affidato il ruolo di amministratore delegato di Equitalia.
Il suo mandato presso Equitalia si distingue per una spinta decisa alla digitalizzazione, introducendo innovazioni come lo sportello virtuale e il servizio di SMS per le scadenze dei pagamenti. Queste iniziative non solo hanno migliorato la gestione dei debiti, ma hanno anche portato a una maggiore trasparenza e facilità di accesso per i contribuenti.
Nel 2017, su iniziativa del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, Ruffini accetta l’incarico come direttore dell’Agenzia delle entrate e della neonata Agenzia delle entrate-Riscossione. Qui, l’impegno per la digitalizzazione si intensifica: l’introduzione della fatturazione elettronica e la dichiarazione dei redditi precompilata sono solo alcune delle misure che hanno permesso un controllo più efficace del gettito fiscale e una riduzione dei tempi per i rimborsi fiscali.
Nonostante il temporaneo step back durante il primo governo Conte, Ruffini ritorna in carica con il governo Conte II nel 2020, spingendo l’agenzia a rispondere proattivamente all’emergenza Covid-19. Il suo approccio innovativo ha permesso di erogare sostegni finanziari per 25 miliardi di euro a imprese e professionisti in difficoltà.
La riconferma ai suoi incarichi da parte di Mario Draghi e successivamente da Giorgia Meloni testimonia la stima e la fiducia nel suo operato. Le sue strategie hanno portato a un recupero record dell’evasione fiscale, con oltre 31 miliardi di euro recuperati nel solo ultimo anno analizzato, un traguardo che sottolinea l’efficacia della sua gestione.
Tuttavia, non mancano le critiche. Le recenti osservazioni del governo attuale e di alcuni esponenti politici evidenziano una tensione crescente riguardo la pressione fiscale e il ruolo dell’Agenzia delle entrate nella vita dei cittadini. La controversia si accende particolarmente sul tema delle 700mila lettere inviate ai titolari di partita IVA, un’iniziativa che ha suscitato reazioni contrastanti.
La carriera di Ruffini è un chiaro esempio di come visione innovativa e rigorosa gestione possano coesistere, trasformando radicalmente l’approccio alle politiche fiscali in Italia. La sua influenza si estende ben oltre il conseguimento di obiettivi di recupero fiscale, delineando un cambio di paradigma nella relazione tra lo stato e i contribuenti, orientato a maggiore efficienza, trasparenza e equità.