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Femminile Plurale nei CDA, Ma la Leadership è Ancora Maschile

In ECONOMIA
Marzo 20, 2024

L’Italia si distingue all’interno dell’Unione Europea per aver raggiunto una significativa presenza femminile all’interno dei consigli di amministrazione (CdA) delle aziende, con una percentuale che supera il 40%. Nonostante questo, la rappresentanza femminile ai vertici aziendali, in ruoli quali amministratore delegato e direttore finanziario, rimane ancora un traguardo lontano. Questo è quanto emerge dalla recente pubblicazione di Deloitte, dal titolo “Women in the boardroom: a global perspective”, uno studio che prende in considerazione oltre 18.000 aziende estese su 50 Paesi.

Secondo la ricerca, l’Italia presenta una situazione ambivalente. Da un lato, con una percentuale del 40,4% di donne nei consigli di amministrazione, il Bel Paese si colloca ben al di sopra della media globale, che si ferma al 23,3%. Questo dato rispecchia una tendenza positiva, con settori quali ‘energy and resources’ e ‘financial services’ a primeggiare per la presenza femminile nei CdA. Dall’altro lato, però, la scarsa presenza di donne nel ruolo di amministratori delegati, che si attesta al 4%, e di direttori finanziari, al 6%, mostra come il cammino verso la parità di genere nelle posizioni dirigenziali sia ancora lungo e disseminato di ostacoli.

L’ottimismo scaturito dai progressi nell’inclusione femminile nei CdA si scontra con la realtà di una leadership aziendale prevalentemente maschile. A livello globale, le donne rappresentano solo l’8,4% dei presidenti di consigli di amministrazione e il 6% dei Ceo. Questi numeri parlano di una disparità evidente e di un potere decisionale che rimane fermamente nelle mani degli uomini.

L’analisi di Deloitte evidenzia inoltre la lentezza con cui si sta muovendo il cambiamento verso una maggiore parità di genere in questi ambiti. Al ritmo attuale, la parità tra uomini e donne in posizioni di leadership come presidenti di CdA e Ceo non sarà una realtà prima del 2073 e del 2111, rispettivamente. Un arco temporale di 50-90 anni, che solleva questioni urgenti sulle politiche e le pratiche aziendali attualmente in atto.

Di fronte a questa situazione, diventa pressante interrogarsi sulle cause di tale disequilibrio e sulle misure necessarie per accelerare il processo di eguaglianza di genere in ambito lavorativo. Le politiche di inclusione e promozione delle donne in ruoli di leadership non possono più essere considerate come iniziative opzionali, ma necessitano di essere affrontate come priorità strategiche, sia per l’equità sociale che per il vantaggio competitivo che una leadership diversificata può apportare alle imprese.

In conclusione, l’Italia può ritenersi all’avanguardia in Europa per la presenza di donne nei consigli di amministrazione, ma l’esiguo numero di donne in posizioni di vertice indica che il percorso verso la parità di genere è ancora lungo. Gli stakeholder e i decisori sono chiamati a un impegno concreto per ridefinire il futuro delle leadership aziendali e garantire che il talento femminile possa esprimersi pienamente anche ai massimi livelli decisionali.