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Il Consiglio Superiore della Magistratura esprime un netto rifiuto verso la riforma della giustizia

In POLITICA
Gennaio 08, 2025

Nel corso di una sessione dal tono decisamente critico, il Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) ha espresso un responso severo nei confronti del recente disegno di legge costituzionale, riguardante la riforma della giustizia, attualmente al vaglio della Camera dei Deputati. Con una maggioranza schiacciante di 24 voti, inclusi quelli di tutti i componenti togati, oltre a due laici e due membri di diritto, il parere emesso non lascia margini a interpretazioni ambigue: la riforma non convince.

Secondo quanto emerge dal parere adottato, le modifica proposte per la separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti non solo mancano di fondamento nella giurisprudenza costituzionale ma sollevano interrogativi riguardanti l’effettivo miglioramento della qualità e dell’efficienza giurisdizionale che dovrebbero sostanziarsi. Un membro del Consiglio ha optato per l’astensione, segnalando così una non totale unanimità.

Da un’analisi più dettagliata del parere critico, emerge una preoccupazione palpabile rispetto alle conseguenze strutturali e funzionali della riforma. Il modello suggerirebbe la nascita di un organismo autonomo di funzionari, altamente specializzati e di numero limitato, destinati a dirigere la polizia giudiziaria e a gestire l’azione penale. Tale corpo, per quanto efficace possa apparire in teoria, suscita inquietudini riguardo alla sua prospettiva di diventare “essenzialmente autoreferenziale”.

Il rischio che viene evidenziato è quello di una concentrazione di potere senza precedenti nella storia costituzionale contemporanea, una condizione che inevitabilmente potrebbe attrarre l’interesse del potere esecutivo, con potenziali derive autoritarie. La partecipazione meno numerosa e contraria della proposta alternativa, la cosiddetta proposta B, supportata da 4 consiglieri laici di orientamento centrodestra, rivela la frattura opinabile all’interno del CSM riguardo alla direzione che dovrebbero prendere le riforme giuridiche nel paese.

Un evento degno di nota è stata l’improvvisa uscita dal dibattito del vicepresidente Pinelli, poco prima delle votazioni, un gesto che potrebbe essere interpretato come dissenso o, alternativamente, come mossa strategica.

La portata di questa decisione del CSM invia un messaggio forte al governo e al Parlamento riguardo le preoccupazioni che il corpo giuridico nazionale nutre verso una riforma ritenuta tanto ambiziosa quanto potenzialmente pericolosa. Inoltre, accresce il dibattito pubblico e politico su come dovrebbero essere strutturate le modifiche al sistema giudiziario, affinché non compromettano l’indipendenza della magistratura né minino il fragile equilibrio dei poteri dello stato.

Questo episodio ribadisce l’importanza del controllo e del bilanciamento interno nei processi di riforma costituzionale, sottolineando come le implicazioni di tali cambiamenti necessitino di un confronto aperto e approfondito. Per ora, è chiaro che il percorso verso una riforma della giustizia accettabile e fruttuosa è ancora incerto e irto di ostacoli significativi.