
Negli ultimi cinque anni, il paesaggio bancario italiano ha subito trasformazioni significative, con un andamento che ha visto la chiusura di oltre 5.000 sportelli, una contrazione che rappresenta più del 20% del totale. Questo fenomeno ha ridotto il numero delle filiali da 25.000 a 20.000, con una parallela diminuzione del personale di quasi il 6%, con oltre 16.000 lavoratori che hanno lasciato il settore, scendendo da 278.000 a 262.000 dipendenti.
Questo processo, definito di “desertificazione bancaria” da studi recenti, ha continuato a fare sentire i suoi effetti anche nel 2023, con una perdita annuale di 825 filiali (un calo del 3,9%) e di 2.156 dipendenti (diminuiti dell’0,8%). Le cifre emerse da un rapporto dettagliato della Fisac Cgil, elaborato dall’Ufficio Studi & Ricerche, evidenziano una persistente tendenza al ridimensionamento, che si rispecchia non solo nei numeri ma anche nelle dinamiche sociali ed economiche delle comunità locali.
La riduzione delle filiali è stata particolarmente marcata nelle aree meno sviluppate del Paese, dove la presenza fisica di una banca può stimolare l’economia locale, facilitare le operazioni finanziarie per le piccole e medie imprese e garantire l’accesso ai servizi bancari essenziali per la popolazione. La chiusura degli sportelli in queste zone crea un vuoto difficilmente colmabile da altri operatori finanziari, soprattutto in contesti dove il digitale non ha ancora una piena diffusione.
Susy Esposito, segretaria generale della Fisac Cgil, sottolinea come il calo di personale e filiali non significhi solo una riduzione numerica, ma rappresenti una sfida significativa per il sostegno al tessuto economico del Paese. “Il sistema bancario deve ritrovare la sua funzione di supporto all’economia reale. Ogni lavoro perso e ogni sportello chiuso diminuiscono la capacità delle banche di essere vicine ai bisogni delle persone e delle imprese, soprattutto in un periodo di trasformazione tecnologica intensiva”, afferma Esposito.
Questa trasformazione tecnologica, se da un lato offre nuove opportunità di accesso ai servizi finanziari attraverso canali digitali avanzati, dall’altro pone la questione critica delle “competenze concretamente umane” – quelle competenze non sostituibili da algoritmi, essenziali per il processo decisionale e per il rapporto umano che tradizionalmente contraddistingue il servizio bancario.
Il trend di chiusura degli sportelli bancari solleva quindi interrogativi profondi sul futuro del settore bancario in Italia. Non è solo una questione di equilibrio economico interno delle banche, ma un problema di accesso ai servizi finanziari per larghi strati della popolazione e di potenziale impatto sull’innovazione e sullo sviluppo economico in una nazione già segnata da forti disparità regionali.
In conclusione, mentre le banche navigano in un mare in tempesta tra necessità di efficienza e impellenze tecnologiche, la sfida più grande sarà mantenere un equilibrio che salvaguardi il lavoro e garantisca l’essenzialità del servizio bancario, soprattutto nei contesti più vulnerabili. Potrebbe non essere facile, ma è certamente una priorità che non può essere ignorata.