
Nel contesto di una sempre più accentuata guerra commerciale, il ricorso al World Trade Organization (WTO) da parte di Cina e Canada appare più come un gesto simbolico che un efficace strumento di risoluzione. Gli esperti del settore indicano che questo tentativo potrebbe non portare a una risoluzione tangibile, considerando l’attuale impotenza del meccanismo di risoluzione delle controversie dell’entità, una situazione che affonda le radici ben prima dell’amministrazione Trump.
È stato sotto il governo di Barack Obama che si verificò un’intenzionale paralisi dell’Appellate Body del WTO, l’organo preposto a fare giurisprudenza e a prevalere sulle leggi nazionali. Dagli Stati Uniti, a partire dal 2016, vi è stata una costante opposizione alla nomina dei nuovi membri, lasciando questo organo in uno stato di quasi completa inoperatività. Questa manovra ha avuto come diretta conseguenza la possibilità per ciascun membro di ignorare le risoluzioni che non siano di suo gradimento.
La situazione è aggravata ulteriormente dal vincolo dell’unanimità necessario per approvare molte delle decisioni all’interno del WTO, rendendo molti appelli statici e inefficaci. L’ingorgo è spesso causato dai veti incrociati di USA, India, Sudafrica e Cina, con quest’ultima che raccoglie un consistente sostegno tra i membri, molti dei quali sono paesi in via di sviluppo.
Dinanzi a quest’impasse, dal 2019, l’Unione Europea e altri membri hanno cercato soluzioni alternative, come il Multi-Party Interim Agreement (Mpia). Questo meccanismo, pur seguendo le regole del WTO, è basato su un principio di adesione volontaria e conta più di 50 paesi partecipanti, tra cui UE, Cina e Canada.
Parallelamente a ciò, formati come il G7 stanno guadagnando rilevanza come piattaforme per la risoluzione dei conflitti commerciali. In questo ambito, Canada e Giappone stanno lavorando per consolidare un gruppo ristretto di nazioni che condividono visioni simili, nella speranza di contrastare l’espansione economica della Cina e di attrarre gli Stati Uniti a partecipare.
Inoltre, è evidente che gli Stati Uniti hanno esplorato limiti molto ampi nelle loro politiche commerciali, come dimostra l’Inflation Reduction Act di Biden, che promuove una forte preferenza per i prodotti realizzati negli USA. L’Unione Europea, piuttosto che contestare tale politica presso il WTO, ha scelto di adottare un approccio simile con il Net Zero Industry Act, che mira a garantire che entro il 2030, almeno il 40% delle tecnologie verdi strategiche siano prodotte in Europa.
In conclusione, sebbene il ricorso di Cina e Canada simboleggi un’adesione ai principi del multilateralismo, è poco probabile che esso rivitalizzi un organismo come il WTO, che sembra trarre più attenzione per la speranza di riforme future che per la sua attuale efficacia. Le azioni intraprese dai diversi attori globali suggeriscono una crescente preferenza per soluzioni bilaterali o per nuove forme di coalizioni, piuttosto che per il sostegno a un istituto attualmente considerato da molti come obsoleto.