L’Italia, paese noto per le sue bellezze architettoniche e la sua storia millenaria, affronta una significativa problematica abitativa: il 27,2% delle case nel territorio nazionale è disabitato. Questa sua particolarità emerge dal recente rapporto “Today Abitazioni” del 2021, elaborato dall’Istat, che riflette su un trend crescente nonostante un incremento del 6,4% delle abitazioni occupate tra il 2011 e il 2021.
Il fenomeno delle “case fantasma” è particolarmente marcato nelle isole e nelle regioni meridionali dell’Italia, ma è la Valle d’Aosta a registrare il primato di unità abitative vuote. In netto contrasto si pone la Lombardia, la quale si distingue per la maggiore densità residenziale con 234,7 alloggi per chilometro quadrato, un indice di gran lunga superiore alla media nazionale che si attesta su 116,8.
Analizzando la composizione del patrimonio immobiliare, si osserva che più della metà delle strutture residenziali italiane (56,3%) è stata edificata nel periodo che va dal 1961 al 2000. Questo dato suggerisce una predominanza di edifici con oltre venti anni di vita, condizione che spesso implica una sfida nel mantenimento e nella modernizzazione delle strutture. Non meno rilevante, il 9,5% del totale delle abitazioni supera i centenari di vita, fattore che illustra l’antico patrimonio edilizio del Paese, prevalentemente localizzato in regioni come Liguria, Toscana e Piemonte.
La concentrazione di immobili inutilizzati non solo riflette dinamiche di natura demografica, come l’invecchiamento della popolazione e la migrazione interna verso le città maggiori in cerca di opportunità lavorative, ma incide anche significativamente sull’economia locali. L’eccesso di offerta abitativa, in contrasto con una domanda stagnante o in declino, genera una pressione al ribasso sui prezzi degli immobili e può incentivare fenomeni di degrado urbano.
Di fronte a questa situazione, è possibile contemplare politiche abitative che stimolino una rioccupazione, attraverso incentivi per la ristrutturazione e l’adeguamento energetico, che non solo miglioreranno l’efficienza degli immobili, ma potrebbero anche rendere più attrattive queste aree per giovani coppie e nuovi residenti. Inoltre, il rilancio del patrimonio immobiliare in disuso potrebbe passare attraverso strategie di riconversione, trasformando vecchie abitazioni in spazi dedicati al terziario avanzato o al turismo culturale, segmenti in costante crescita che potrebbero beneficiare di tali interventi.
Questa situazione interpella direttamente la politica nazionale e le amministrazioni locali, le quali si trovano davanti a sfide significative ma anche a opportunità uniche per riformulare le strategie di gestione e sviluppo urbano, in modo da rivitalizzare settori che attualmente sembrano stagnanti. Con l’adozione di approcci innovativi e sostenibili, l’Italia potrebbe trasformare un apparente punto debole in un vantaggio competitivo, integrando salvaguardia del patrimonio e sviluppo sostenibile.
Il fenomeno delle case non abitate deve quindi essere interpretato non solo come una cifra di crisi, ma anche come un potenziale catalizzatore per il rinnovamento e la ripresa del settore immobiliare e urbano del paese.