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La Corte Penale Internazionale e l’Italia: Fra Trasparenza e Cooperazione

In POLITICA
Gennaio 29, 2025

In un periodo in cui le tensioni internazionali sono palpabili e le procedure legate alla giustizia internazionale sono sotto i riflettori, le dichiarazioni di Cuno Tarfusser, ex giudice della Corte Penale Internazionale (CPI), suonano come una chiara riflessione sulla trasparenza e l’integrità della Corte. Recentemente, l’ex magistrato ha condiviso con ANSA una serie di precisazioni riguardo al funzionamento della CPI, soprattutto in relazione alle richieste di arresto, un argomento che ha tenuto banco nelle cronache italiane a seguito del caso Almasri.

Tarfusser ha tenuto a precisare che il processo di emissione di un mandato di cattura è minuzioso e richiede diversi giorni di lavoro accurato per essere redatto e motivato correttamente. Durante questo tempo, l’individuo oggetto della richiesta di arresto può continuare a viaggiare, il che rende difficile per la corte stabilirne la posizione precisa. Questa procedura è stata seguita anche nel caso in questione, con la CPI che ha informato non solo l’Italia, ma altri cinque Paesi europei.

L’ex giudice ha enfatizzato la trasparenza dell’operato della corte, scartando qualsiasi teoria del complotto che potrebbe essere stata suggerita dal contesto politico italiano dominato dalla figura di Giorgia Meloni. La discussione si estende ma resta ancorata a un quadro di legalità e trasparenza, sgomberando il campo da qualsiasi dialettica complottistica.

Nel discutere le possibili conseguenze per l’Italia in termini di cooperazione con la CPI, il giurista ha chiarito un altro punto importante: la corte non ha il potere di imporre sanzioni dirette agli Stati. Invece, segue una serie di normative e protocolli, che sono stati impostati a livello internazionale anche con la partecipazione dell’Italia. Se uno stato viene ritenuto non cooperativo, viene avviato un procedimento di accertamento. In un tale scenario, la CPI esamina le motivazioni dello Stato e, se giudicate insufficienti, può decidere di certificare la violazione dello Statuto di Roma. Tale decisione viene poi trasmessa a organismi internazionali quali il Consiglio di Sicurezza dell’ONU o all’Assemblea degli Stati aderenti allo stesso statuto, i quali possono decidere di adottare misure appropriate.

Queste momenti di accertamento e revisione mostrano che le azioni della corte sono strettamente guidate da principi di legalità e obiettività, lontano da dinamiche punitive unilaterali. Tarfusser ha sottolineato come le eventuali decisioni riguardo le violazioni di stato siano di natura politica e non giudiziaria, facendo eco alla separazione dei poteri che guida le democrazie moderne.

Le spiegazioni fornite dall’ex giudice Tarfusser non solo gettano luce sulla metodologia di lavoro della CPI, ma offrono anche una rassicurazione circa la serietà e l’imparzialità con cui la corte svolge il proprio mandato. In tempi di crescente scetticismo verso le istituzioni globali, le sue parole forniscono un importante chiarimento sull’interazione tra legge, cooperazione internazionale e sovranità statale, mostrando come queste dinamiche svolgano un ruolo cruciale nella ricerca globale della giustizia e del rispetto dei diritti umani.