Maurizio Landini, segretario della CGIL, lancia un appello potente e incisivo contro il lavoro irregolare in Italia, in un momento in cui il Paese sembra barcamenarsi tra riforme e realtà imprenditoriali talvolta ambigue. Parlando alla manifestazione anti-caporalato a Latina, Landini rivela che i lavoratori non registrati nel nostro Paese raggiungono la cifra allarmante di tre milioni. Un numero che, a suo dire, non è più possibile ignorare.
Questi lavoratori, invisibili agli occhi delle leggi e spesso vittime di sistemi di sfruttamento, si distribuiscono su tutto il territorio nazionale, permeando ogni settore, dalla classica agricoltura alle realtà imprenditoriali più moderne. Landini critica aspramente la scarsa presenza e periodicità dei controlli: secondo i suoi dati, un ispettore ha la possibilità di verificare un’azienda solamente ogni sedici anni, un intervallo infinito che lascia spazio a innumerevoli abusi.
Le dichiarazioni di rinnovamento, come l’annuncio della Presidente Giorgia Meloni di incrementare i ranghi degli ispettori del lavoro di 1.600 unità, sono secondo Landini insufficienti e tardive. Egli evidenzia una costante riduzione del corpo ispettivo negli ultimi anni, un trend che, sebbene ora si tenti di invertire, lascia percepire un certo disimpegno istituzionale nel fronteggiare con decisione il fenomeno.
L’evento a Latina, che ha visto la partecipazione del leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte e della sindaca Matilde Celentano, è stato l’occasione per denunciare un sistema imprenditoriale che, secondo il segretario CGIL, “sfrutta e uccide”. Una denuncia che non nasce dal nulla ma segue eventi tragici, come la morte del bracciante indiano Satnam Singh, che hanno riacceso i riflettori sulla gravità delle condizioni lavorative di molti operai.
Oltre alla critica ai numeri e alle politiche, Landini chiama a una mobilitazione generale contro le “leggi balorde” che hanno favorito, secondo lui, la proliferazione del lavoro non regolamentato. È un invito a un risveglio collettivo e a una risposta concreta che parte dal basso, dalla coscienza di ogni lavoratore e consumatore, fino a toccare le strategie delle alte sfere politiche e legislative.
Questo fenomeno, tuttavia, internazionalizza ulteriormente la problematica dell’Italia. Paesi come la Spagna, gli Stati Uniti e la Grecia hanno affrontato sfide simili con varie strategie, da riforme lavorative a intensificazioni dei controlli, suggerendo che una sinergia europea potrebbe essere cruciale.
L’appello di Landini non è solo un grido di protesta ma deve diventare un campanello d’allarme per un cambiamento reale e sostanziale nelle politiche lavorative. È tempo che ogni livello della società, dal singolo cittadino al governo, smetta di girarsi dall’altro lato e affronti con coraggio la questione del lavoro nero, una piaga silenziosa ma devastante che mina le fondamenta della giustizia sociale e dello sviluppo economico del Paese.