La vicenda di Maysoon Majidi, attivista curdo-iraniana, sottolinea drasticamente il dilemma umano e legale che affrontano molti rifugiati nel tentativo di trovare sicurezza in Europa. Majidi, inizialmente arrestata con l’accusa di scafismo e successivamente rilasciata, racconta una storia di disperazione e perseveranza in un contesto di crescente antagonismo verso i migranti.
“Sono una rifugiata, non un’immigrata economica,” ha dichiarato Majidi durante un incontro pubblico a Catanzaro, precisando la natura della sua fuga dall’Iran a seguito di minacce concrete alla sua vita. La distinzione è vitale; differenzia chi abbandona il proprio paese per cause di forza maggiore da chi lo fa per motivazioni economiche. Questa distinzione influisce profondamente sulle politiche di asilo e sull’opinione pubblica, spesso incline a generalizzazioni distruttive.
Le politiche di accoglienza e i procedimenti burocratici che i richiedenti asilo affrontano possono essere tortuosi e umilianti, come testimonia la stessa Majidi. Nonostante avesse sperato in un’accoglienza democratica e umana, si è ritrovata a confrontare un sistema che spesso tratta i richiedenti asilo come un problema piuttosto che come individui in cerca di protezione. La sua dolorosa esperienza in detenzione, segnata da uno sciopero della fame e dall’isolamento, mette in luce le difficoltà procedurali e le barriere linguistiche e di comunicazione che molti rifugiati devono superare.
L’evento, intitolato “In Calabria nessuno è straniero”, ha offerto a Majidi un palco per esprimere non solo le sue tribolazioni ma anche la sua resilienza. Il presidente del consiglio comunale di Catanzaro, Gianmichele Bosco, ha criticato le etichette negativamente connotate come “scafista”, spesso usate per instillare paura e xenofobia, invece di affrontare il problema dei veri criminali – i trafficanti di esseri umani.
Le parole di Bosco, così come la testimonianza di Majidi, mettono in discussione la narrazione prevalente nei confronti dei rifugiati e sollecitano una riconsiderazione delle politiche di asilo basate su umanità e rispetto dei diritti umani. La presenza di figure come l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Catanzaro, Nunzio Belcaro, e di attivisti come Emanuele Pinto del comitato Free Maysoon, dimostra un’importante solidarietà locale e una volontà di sostenere i diritti degli immigrati e rifugiati.
Questa storia di Maysoon Majidi è emblematica delle sfide che molti rifugiati affrontano e risalta come la politica, la società e la comunità possano confliggere o collaborare nella risposta a queste crisi umanitarie. Offre anche un’occasione per riflettere sul ruolo dell’Italia e dell’Europa nella protezione dei più vulnerabili e sulla necessità di politiche più giuste e inclusive, che riconoscano ogni individuo non come un peso, ma come un potenziale contributo verso una società multiculturale ricca e variegata.
La storia di Majidi non è solo un racconto di sofferenze, ma anche un elogio alla resilienza umana e alla lotta incessante per la giustizia e la sicurezza – un richiamo alla coscienza per chi detiene il potere di cambiare le cose.