Abbiamo il piacere di intervistare Montecreesto, un giovane cantautore napoletano che sta conquistando il pubblico con la sua sensibilità artistica e i temi intensi della sua musica. Uno di questi è la mascolinità tossica, argomento centrale del suo nuovo brano, MOFO, in cui Montecreesto esplora le dinamiche sociali che spingono tanti uomini a nascondere il dolore dietro una maschera di rabbia e violenza. Con una voce sincera e un sound innovativo che mescola il pop elettronico all’espressività del dialetto napoletano, Montecreesto sta portando alla luce una questione tanto attuale quanto complessa. In questa intervista, scopriremo cosa l’ha spinto a dedicare un brano a un tema così delicato e personale, l’importanza delle radici culturali napoletane nel suo stile, e come spera di sensibilizzare il pubblico verso l’accettazione della fragilità emotiva, spesso negata agli uomini. Un viaggio musicale e sociale, che si intreccia alle sonorità di artisti come The Weeknd, ma anche all’introspezione e alla poesia della tradizione cantautorale italiana. Montecreesto ci racconta con autenticità il suo percorso, in cui l’arte diventa uno strumento di cambiamento e di consapevolezza.
Come è nata l’idea di dedicare un brano alla tematica della mascolinità tossica? C’è stato un episodio in particolare che ti ha ispirato?
Tempo fa ho letto questo articolo, che parlava di quanto frequenti siano i suicidi tra gli uomini e la loro tendenza al craving: ne sono rimasto molto colpito. Ho iniziato a notare gli effetti di certe dinamiche sociali sulla mia emotività e su quella di tanti altri uomini e ho sentito l’esigenza di sublimarla in arte, un mezzo più fruibile ed immediato per parlarne.
In MOFO denunci una catena viziosa di comportamenti disfunzionali tipici dell’universo maschile. Quali aspetti di questa “catena” senti più urgenti da comunicare al pubblico?
Il meccanismo più pericoloso è quello di conversione del dolore in rabbia: tanti uomini hanno grande difficoltà ad accettare le proprie debolezze ed il proprio dolore e tendono ad esprimerli sottoforma di violenza, verso gli altri e verso se stessi. I telegiornali ci ricordano, ogni giorno gli epiloghi drammatici di questi comportamenti disfunzionali, ed è giusto educare all’accettazione del dolore e della fragilità maschile, per costruire una società migliore.
Hai scelto di mescolare italiano e dialetto napoletano nel brano. Cosa rappresenta per te questa combinazione linguistica e quale messaggio speri di trasmettere utilizzandola?
A mio parere, la lingua napoletana ha un’immediatezza ed una capacità di sintesi uniche nel suo genere e queste sue caratteristiche, combinate alla poetica della lingua italiana mi hanno permesso di esperimere la concettualità del brano nel miglior modo possibile Una parola come ‘chiagneme’ è molto difficile da italianizzare, eppure esprime un concetto molto più articolato, di quello che una singola parola lascerebbe intendere.
In termini musicali, hai adottato uno stile particolare per trasmettere questo tema, ci sono influenze o riferimenti musicali che hanno guidato il sound di MOFO?
Sono un grande estimatore delle sonorità elettroniche, che trovo, al contempo oniriche e pompose e quindi adatte a supportare un messaggio importante, come quello che voglio veicolare con Mofo. Negli anni ho trovato grande ispirazione nel sintetizzatore analogico, che è uno strumento di grande versatilità e con una propria anima. Il pop elettronico di The Weekend è sicuramente un riferimento per la mia musica e mi piace combinarlo al cantautorato che è emblema della nostra tradizione musicale.
Come cantautore napoletano, senti che ci sono peculiarità culturali specifiche alla tua città o al Sud Italia che rendono ancora più difficile combattere la mascolinità tossica?
Napoli è una città dicotomica, ricca di contraddizioni, dove la grande bellezza ed il profondo degrado convivono in un equilibrio dinamico. È una città dove la sensibilità è riconosciuta solo se a supporto di un grande successo, altrimenti è vista come una debolezza. Non è sempre facile viverci ma la tossicità di certe dinamiche sociali è addolcita da una connaturata poesia e questo la rende bellissima, si miei occhi.
Hai in programma ulteriori progetti che sviluppano il tema di MOFO o temi simili, dove ti porterà questo percorso artistico?
Ho molti altri brani in cantiere e, alcuni di essi trattano temi altrettanto intimi e delicati ma c’è anche la giusta dose di leggerezza. Voglio portare la mia musica in tutta Italia e voglio farlo dal vivo, condividendo le mie emozioni con quante più persone è possibile: è questa la meta del mio viaggio e voglio arrivarci il prima possibile.
Grazie
di Giuseppe Di Giacomo