
Un’onda di polemiche ha travolto il panorama politico italiano in seguito all’annuncio di Federico Mollicone, esponente di Fratelli d’Italia e presidente della commissione Cultura ed Editoria, riguardo una proposta di riforma dell’editoria che punta a “certificare la veridicità delle notizie”. Tale iniziativa ha scatenato un vivace dibattito in quanto molti temono potrebbe porre le basi per una nuova forma di censura.
Mollicone difende la sua proposta sottolineando la necessità di porre fine a quella che lui descrive come “deriva sensazionalistica” della stampa, accusando alcuni organi di informazione di criminalizzare le opinioni e di esercitare clickbaiting nocivo per monetizzare tramite contenuti ingannevoli. Egli propone come soluzione una “seria riforma dell’editoria” per proteggere la credibilità delle fonti e l’attendibilità delle informazioni.
Il dibattito si è acuito in seguito a un articolo di La Repubblica che ha anticipato l’iniziativa. Mollicone, tuttavia, assicura che la riforma sarà discussa in Parlamento e che la libertà di stampa è un valore sacro, smentendo le interpretazioni di un suo possibile intento censorio.
Nonostante le rassicurazioni, esponenti dell’opposizione hanno espresso forte preoccupazione. Angelo Bonelli di Avs ed Europa Verde paragona la manovra al Minculpop, l’organo di propaganda dell’era fascista. Anche Sandro Ruotolo del Partito Democratico si scaglia contro la proposta, ritenendo che introduca inaccettabili bollini blu che odorebbero di censura e promettendo una ferma opposizione qualora la maggioranza tenti di esercitare un controllo sui media.
Anche il Movimento 5 Stelle prende le distanze dalla riforma suggerita da Mollicone, definendola “roba da Minculpop” e una Pantomima verso effettivi atti censori e autoritari, promettendo di lottare contro ogni tentativo di controllo dell’informazione.
Il tema della regolamentazione dell’informazione e del contrasto alle fake news è estremamente attuale e sentito. Mentre alcuni vedono la proposta di Mollicone come uno strumento potenziale per garantire una migliore qualità dell’informazione, altri temono che possa trasformarsi in uno strumento per restringere la libertà di espressione e minare i principi democratici.
La discussione sul futuro dell’editoria proseguirà nelle prossime settimane, richiamando l’attenzione non solo della classe politica ma anche degli editori, dei giornalisti e dei cittadini, che saranno i veri affettati da eventuali cambiamenti. Nel frattempo, tutti gli occhi sono puntati al Parlamento, dove si giocherà la partita cruciale tra diritto all’informazione e lotta alle fake news.