Nonostante un panorama globale in continua evoluzione, le prospettive economiche per l’Italia sembrano navigare in acque turbolente, con stime di crescita che non promettono scossoni positivi nel breve termine. Secondo l’ultimo rapporto autunnale del Centro Studi di Confindustria, il Prodotto Interno Lordo (PIL) italiano è previsto crescere solamente dello 0,8% nel 2024, segnando una leggera revisione al ribasso rispetto alle aspettative di aprile che puntavano allo 0,9%. Per il 2025, le proiezioni si attestano solo di poco superiore, al +0,9%, svelando i segni di un incremento economico che fatica a prendere slancio.
Questa ridimensionata aspettativa di crescita è influenzata da una serie di revisioni statistiche da parte dell’Istat relative al PIL del 2023, che ha lasciato un’eredità meno robusta del previsto per gli anni a venire. Guardando al futuro prossimo, il panorama si complica ulteriormente per la finanza pubblica, con il deficit previsto a diminuire al 3,9% del PIL nel 2024 e ulteriormente al 3,1% nel 2025. Nonostante questi miglioramenti graduali, il debito pubblico si prospetta ancora preoccupante, previsto in aumento fino al 136,9% nel 2024 e raggiungendo il 138,5% nell’anno successivo.
La situazione diventa ancor più grave se analizziamo i cosiddetti “nodi della competitività” che Confindustria evidenzia come barriere significative per un rinvigorimento dell’economia. Tra questi, il declino demografico spicca per la sua potenziale gravità: la riduzione della popolazione lavorativa sta già manifestando la sua pressione sul mercato del lavoro, creando un gap crescente tra domanda e offerta.
Il rapporto sottolinea anche la problematica della sproporzione tra i costi di alloggio e i salari, che variano considerevolmente tra le diverse aree del paese e ostacolano la mobilità dei lavoratori. Questo fattore si combina poi con i costi energetici crescenti – l’Italia continua a soffrire di prezzi per gas ed elettricità superiori alla media europea, un binomio che arresta ulteriormente la competitività delle imprese locali.
Infine, il settore auto sta vivendo un periodo di grave contrazione, aggravato dai crescenti costi delle emissioni di CO2 e da normative ambientali sempre più stringenti, come il sistema Ets e il Cbam, che stanno remodelando il panorama industriale europeo.
In conclusione, sebbene le previsioni economiche non offrano uno scenario drammaticamente negativo, evidenziano la necessità urgente per l’Italia di affrontare queste problematiche strutturali che minacciano di soffocare il potenziale di crescita. Solo attraverso politiche mirate e una visione a lungo termine potrà essere possibile assicurare un futuro economico solido e dinamico per il paese. Nel frattempo, ciò che è chiaro è che la strada verso la ripresa sarà tutt’altro che spedita.