Il Senato ha dato il via libera alla controversa riforma delle concessioni per gli stabilimenti balneari, inserita nel decreto Infrazioni, che mira alla risoluzione di 15 procedure di infrazione mosse dall’Unione europea contro l’Italia. La misura è stata approvata con un conteggio di 100 voti favorevoli, 63 contrari e 2 astenuti, ma non è stata accolta con favore da tutti i settori interessati.
La riforma in questione estende le concessioni balneari fino al 30 settembre 2027 e introduce criteri specifici per gli indennizzi a favore dei concessionari uscenti. Nonostante l’apparente tentativo di conciliare le richieste europee con le esigenze nazionali, la riforma ha scatenato la reazione indignata degli operatori del settore balneare che lamentano una mancata consultazione.
I sindacati balneari, attraverso una dichiarazione congiunta, hanno espresso seri dubbi sulla capacità della riforma di affrontare adeguatamente la “scarsità della risorsa” che dovrebbe rappresentare il fulcro per un corretto allineamento alla Direttiva Bolkestein. Criticato anche il calcolo degli indennizzi, giudicato irrisorio e basato sugli investimenti realizzati nell’ultima quinquennale, un periodo segnato dalla pandemia di Covid-19 che ha fortemente impattato il settore.
Altro punto di attrito è la durata delle concessioni, percepita come incerta, e la mancanza di inclusione nella discussione da parte di Regioni e Comuni, nonostante gli enti locali abbiano una voce decisiva in materia. In più, la decisione di escludere dalla Bolkestein solo i circoli sportivi, e non le altre realtà che dipendono economicamente dalle concessioni, ha aggiunto ulteriore frustrazione.
La riforma, tuttavia, non si limita a regolamentare le concessioni balneari. La legge approvata contiene disposizioni che permetteranno ai concessionari di mantenere le strutture amovibili installate fino all’aggiudicazione di nuove gare, anche fuori stagione. Questo dettaglio, presumibilmente inteso come un sollievo per i gestori, non sembra però compensare le preoccupazioni più profonde manifestate dalla categoria.
In aggiunta, sono stati stabiliti criteri di indennizzo che obbligheranno il nuovo concessionario a compensare l’uscente basandosi sui valori degli investimenti non ancora ammortizzati al termine della concessione. Una normativa che, seppur su carta garantisca una “remunerazione equa”, solleva interrogativi sulla sua effettiva applicabilità e adeguatezza.
Di fronte a questo scenario, l’opposizione ha espresso forte dissenso per il metodo adottato dal Governo, in particolare l’uso ripetuto del voto di fiducia che, secondo gli oppositori, ostacola un dibattito parlamentare aperto e costruttivo su questioni di tale rilevanza.
La ratifica di questa legge non segna dunque un punto d’arrivo, ma piuttosto l’inizio di una fase di mobilitazione e di dibattito che vedrà coinvolti diversi attori sociali, politici ed economici. È evidente che la strada verso una soluzione condivisa e funzionale per la gestione delle risorse balneari rimane impervia e ricca di sfide.