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Riforme Pensionistiche 2025: Incrementi Minimi e Incentivi al Lavoro Prolungato

In ECONOMIA
Ottobre 24, 2024

Nell’ambito delle misure economiche intraprese dal Governo per il 2025, si delineano nuove politiche pensionistiche volte a incentivare il prolungamento dell’attività lavorativa e a gestire con più cautela l’ammontare delle pensioni minime. Questa direzione politica si manifesta chiaramente nell’ultima manovra di bilancio, che, sebbene non introduca restrizioni significative sull’accesso alla pensione anticipata come in passato, propone meccanismi di incentivo per mantenere i lavoratori in attività più a lungo.

Uno degli aspetti centrali della manovra riguarda l’adeguamento delle pensioni minime. Il trattamento minimo, fissato a 598,61 euro, era temporaneamente incrementato al 2,7%, portandolo a 614,77 euro per il 2024. Tale incremento era destinato a scadere a fine anno, rischiando di ridurre gli assegni per il futuro. Per evitare questo decremento, il nuovo bilancio prevede un’ulteriore aumento del 2,2% a partire dal 2025, portando l’assegno minimo a 617,9 euro.

Tuttavia, tale incremento, che si traduce in un modesto aumento giornaliero di soli 10 centesimi, ha generato malcontento e critiche da parte delle associazioni sindacali e dei consumatori. La UIL e l’UNC hanno espresso preoccupazioni per quanto tale aumento possa essere realmente efficace nel sostenere gli anziani con pensioni al minimo, descrivendolo come inadeguato e irrisorio.

Parallelamente, la manovra rafforza il cosiddetto “Bonus Maroni”, una disposizione che consente ai lavoratori di ricevere in busta paga i contributi previdenziali personali, precedentemente versati all’Inps, una volta raggiunti i requisiti per la pensione con la cosiddetta Quota 103. Questa agevolazione, introdotta per encourageare il ritardo del pensionamento, potrebbe risultare più attraente ora che tali contributi sono esclusi dalla formazione del reddito imponibile per il 2025. Tuttavia, la decisione rimane complessa poiché i contributi versati direttamente al lavoratore non contribuiranno alla futura pensione.

L’amministrazione pubblica, inoltre, vede modifiche nel trattamento delle pensioni dei propri dipendenti. La nuova regolazione prevede la riduzione della possibilità di pensionamento anticipato, equiparando l’età pensionabile a quella del settore privato e rimuovendo facoltà speciali precedentemente concesse. Viene contemplata anche la possibilità di estendere l’età lavorativa fino a 70 anni per necessità operative o per mentorare i neoassunti.

In aggiunta, la manovra propone soluzioni per chi è completamente inserito nel sistema contributivo. Si introduce l’opzione di utilizzare la rendita dei fondi di pensione complementare per raggiungere l’importo dell’assegno sociale, necessario per accedere alla pensione a 67 anni con almeno 20 anni di contributi.

In sintesi, la recente manovra di bilancio testimonia un tentativo di bilanciare l’esigenza di sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico con quella di offrire protezione sociale agli anziani, promuovendo al contempo il ritardo del ritiro dal mondo del lavoro. Mentre le misure proposte sollevano dibattiti e critiche, il loro reale impatto sul benessere dei pensionati e sulla dinamica lavorativa del paese sarà da osservare nei prossimi anni.