
La recente pubblicazione di un post incendiario da parte di Mario Carboni, presidente dell’associazione culturale Chenàbura, ha suscitato un’ondata di reazioni tra le comunità pro-Palestina, accentuando la polarizzazione di opinioni riguardo il conflitto in Medio Oriente. Nel suo messaggio su Facebook, Carboni ha espresso un punto di vista estremamente favorevole a Israele, suggerendo che Gaza “meriti di essere rasa al suolo… per rendere possibile una ricostruzione e una riorganizzazione amministrativa e sociale”, paragonando tale approccio a quello adottato dai sovietici con Berlino durante la Seconda Guerra Mondiale.
La reazione non si è fatta attendere, spingendo varie organizzazioni e gruppi di attivisti a stigmatizzare le parole di Carboni come inaccettabili e potenzialmente pericolose. Il comitato sardo Fermare la Guerra ha espresso pubblicamente la possibilità di adire le vie legali, citando le dichiarazioni come possibili atti di istigazione all’odio. Simone Spiga, portavoce del comitato, ha confermato che si sta considerando seriamente l’ipotesi di una denuncia formale alla Procura.
Parallelamente, il Movimento Indipendenza ha chiesto interventi concreti da parte delle autorità regionali, sollecitando la presidente della Regione Anna Todde a ritirare i finanziamenti pubblici, stimati attorno ai 100.000 euro, concessi all’associazione guidata da Carboni nel corso dell’anno corrente. Lucia Manca, portavoce del movimento, ha evidenziato l’urgenza di una risposta istituzionale a quello che percepisce come un sostegno inappropriato verso chi diffonde sentimenti di violenza e divisione.
La contrarietà si estende anche oltre i confini dell’attivismo locale. Raimondo Schiavone, presidente del Centro Italo Arabo, ha categorizzato le dichiarazioni di Carboni come “parole di terrore”, accusando il presidente di Chenàbura di alimentare una narrazione che legittima la sofferenza inflitta al popolo palestinese. Schiavone ha inoltre criticato la selettività morale della politica regionale, rimproverando l’indifferenza verso le questioni che affliggono comunità non europee.
La situazione mette in luce la crescente tensione tra le comunità locali in Italia riguardo il conflitto israelo-palestinese, un argomento che continua a dividere l’opinione pubblica globale. Oltre alle reazioni immediate e alle possibili ripercussioni legali, questo incidente solleva questioni più ampie relative alla responsabilità di figure pubbliche nel moderare il loro linguaggio, specialmente quando questo può incitare alla violenza o all’odio.
Infine, importante sarà vedere come queste pressioni influenzeranno le politiche e le posizioni delle istituzioni locali e nazionali, in un momento in cui la sensibilità verso temi di guerra e pace è particolarmente accentuata. La reazione del mondo politico locale, attualmente sotto esame, sarà decisiva nel definire gli esiti di questa controversia e nel modellare la convivenza di diversità opinioni all’interno della società sarda.