
Le Regioni italiane vivono momenti di apprensione dopo l’annuncio del Ministero della Salute riguardo un’imminente ricognizione che potrebbe portare alla luce un taglio consistente di risorse, quantificabile in 1 miliardo e 266 milioni di euro, destinate al programma ‘Ospedale sicuro’. Questo programma ha lo scopo fondamentale di garantire la messa in sicurezza degli ospedali del Paese da eventuali rischi sismici o incendi, attraverso interventi infrastrutturali che verrebbero ora messi a repentaglio dalla riduzione del budget previsto.
Raffaele Donini, coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni, ha esposto con urgenza i timori legati all’attuazione di questi tagli. Egli sottolinea che molti dei lavori previsti, urgenti per garantire la sicurezza degli edifici ospedalieri, sono già in corso e non possono essere sospesi o ritardati a causa della mancanza di finanziamenti adeguati.
A rivelare la notizia all’ANSA, Donini fa presente che il programma ‘Ospedale sicuro’ è stato concepito per affrontare problemi cruciali dell’infrastruttura sanitaria italiana. Un eventuale ridimensionamento delle risorse ridurrebbe significativamente la capacità delle regioni di proseguire con gli interventi già pianificati, mettendo potenzialmente a rischio la sicurezza di pazienti e personale sanitario.
Le preoccupazioni non provengono solamente dalle istituzioni regionali ma trovano eco anche nella Corte dei Conti, che riconosce le conseguenze potenzialmente negative di un sistema sanitario che viene a trovarsi con risorse economiche inadeguate, specialmente in aree delicate come quella della prevenzione dei rischi.
Le autorità regionali attendono con ansia i risultati della ricognizione promessa dal Ministero della Salute, con la speranza che possa essere trovata una soluzione capace di mediare tra le esigenze di bilancio e l’importanza prioritaria di garantire la sicurezza delle strutture ospedaliere. Nel frattempo, gli amministratori locali si trovano a dover pianificare con incertezza, consciosi del fatto che ogni ritardo o interruzione dei lavori di messa in sicurezza non rappresenta soltanto un contrattempo amministrativo, ma una questione di salute pubblica.