
In uno scenario economico ove l’efficienza e la competitività del mercato sono essenziali per il sostentamento delle dinamiche commerciali, l’introduzione di politiche regolamentative troppo rigide può innescare preoccupanti contraccolpi. Tale è la posizione espressa da Matteo Orlandini, presidente dell’Anseb (Associazione delle società che emettono buoni pasto), in merito alla proposta di imporre un tetto massimo del 5% per le commissioni che i commercianti versano agli emittenti di buoni pasto nel settore privato. La discussione aperta in tal senso suscita un vivo dibattito tra gli addetti ai lavori, preannunciando una sessione cruciale in cui diverse parti esporranno i loro argumenti e preoccupazioni.
Nel 2022, una misura analoga fu applicata per quanto riguarda i contratti nel settore pubblico, provocando un incremento dei costi per la pubblica amministrazione stimato attorno ai 100 milioni di euro. Se estesa anche al settore privato, l’associazione prevede che le aziende potrebbero affrontare un aggravio dei costi di almeno il 6%, traducendosi in un onere aggiuntivo di circa 180 milioni di euro all’anno, ovvero 153 euro annui per lavoratore. Orlandini mette in luce come tale provvedimento possa non solo incrementare i costi, ma anche minare la stabilità di un mercato valutato in 4 miliardi di euro. Un mercato, tra l’altro, che negli ultimi anni ha visto una crescita sia in termini di digitalizzazione sia nella diversità degli operatori che offrono prodotti e servizi welfare a prezzi competitivi.
L’obiettivo dichiarato dall’Anseb è quello di mantenere un ambiente di mercato aperto e libero da interventi che possano soffocare la concorrenza e compromettere l’efficacia di strumenti di welfare vitali per i lavoratori. Orlandini propone, pertanto, di favore una stagione di negoziazioni tra privati che sia focalizzata sulla salvaguardia degli interessi delle piccole attività commerciali, colpite duramente dalle dinamiche di mercato attuali.
Altresì, il presidente dell’Anseb sollecita una riflessione sui tempi di introduzione della misura. Un’introduzione affrettata o mal gestita potrebbe portare allo stravolgimento di accordi esistenti con circa 150.000 aziende e 170.000 esercizi commerciali. Questo cambiamento radicale richiederebbe una rivisitazione di oltre 300.000 contratti, con conseguenze immediate sulla fruibilità dei buoni pasto e sulla gestione quotidiana dei commercianti.
Inoltre, il dibattito tocca aspetti cruciali relativi al bilanciamento tra la tutela dei piccoli commercianti e la libertà di mercato. La questione solleva interrogativi sulla sostenibilità di tali misure protezionistiche e sulla loro reale efficacia nel lungo periodo.
In conclusione, mentre l’Anseb si appresta a difendere la sua posizione, il futuro dei buoni pasto e il suo impatto sul tessuto economico e sociale del Paese rimangono al centro di una discussione più ampia che interpella legislatori, imprenditori e cittadini, tutti chiamati a riflettere sul giusto equilibrio tra regolamentazione e libertà di mercato nel contesto complesso e sfidante dell’economia italiana contemporanea.