
In un’Italia costellata di piccole comunità intrappolate nel gorgo dello spopolamento, dove le saracinesche abbassate e le periferie industriali silenti raccontano storie di declino socio-economico, emergono con prepotenza narrazioni di resilienza e ingegno che meritano di essere amplificate. Una di queste è la vicenda di Italpack, uno stabilimento situato nell’Area Industriale di Calaggio, in Irpinia, unico nel suo genere in Italia per la produzione di packaging nel settore alimentare, e di colui che ne ha riscritto il destino: Giancarlo De Vito. La sua storia non è soltanto un caso di successo industriale, ma un potente messaggio di speranza, un esempio tangibile di come la visione, la dedizione e un profondo senso di responsabilità sociale possano invertire tendenze apparentemente inesorabili, specialmente quando il bene collettivo guida ogni azione. La Primavera del 2022 segnò un punto di svolta drammatico per Italpack. La proprietà, con sede in Svizzera, prese una delle decisioni più temute e irrevocabili dal punto di vista umano ed economico: la chiusura definitiva dell’azienda. Un colpo di maglio che avrebbe significato non solo la cessazione delle attività produttive, ma anche il licenziamento di 103 dipendenti, tutti residenti localmente, il cui futuro professionale si sarebbe dissolto nel nulla senza alcuna garanzia o tutela contrattuale. La marea del fallimento minacciava di travolgere anche le società di servizi che gravitavano attorno allo stabilimento – dalla vigilanza alle pulizie, fino alla logistica e alla manutenzione – colpendo ulteriormente il tessuto economico e sociale del territorio. Quel che si profilava era l’ennesima ferita inferta a una provincia che lotta quotidianamente per mantenere vive le proprie radici contro la crescente minaccia dello spopolamento. Il panorama industriale italiano, e in particolare quello delle aree meno centrali, è spesso caratterizzato da dinamiche complesse che vedono decisioni strategiche prese a chilometri di distanza, con impatti devastanti sulle comunità locali. La chiusura di un sito produttivo su larga scala come Italpack non è mai solo una questione di bilanci aziendali; è un evento che intacca l’identità, la coesione sociale e le prospettive future di un intero territorio. In tempi di flessione economica globale e di crescenti pressioni competitive, le aziende che perdono il loro fiato vitale lasciano dietro di sé un vuoto difficile da colmare, un monito silenzioso su quanto la concentrazione delle decisioni in un unico centro di potere possa rendere fragili economie locali e vite individuali. Fu in questo clima di incertezza, con la speranza che sembrava affievolirsi giorno dopo giorno, che le Organizzazioni Sindacali Provinciali – CGIL, CISL, UIL – fecero appello a una figura di spicco nell’ambito industriale: Giancarlo De Vito. Informati delle sue consolidate esperienze industriali maturate in veste di Top Management presso prestigiosi Gruppi Multinazionali, i sindacati gli si rivolsero con un’ultima, disperata richiesta: tentare di salvare lo stabilimento. L’appello giunse a De Vito in un momento particolare della sua carriera. Aveva maturato, forse per una naturale esigenza di equilibrio personale o per una rilettura delle proprie priorità, la decisione di non occuparsi più direttamente di gestioni industriali complesse, concentrandosi su altri ambiti. Tuttavia, la gravità della situazione e la piena consapevolezza delle ricadute sociali del potenziale fallimento di Italpack accesero una scintilla. Il pensiero costante che la chiusura avrebbe ulteriormente aggravato il fenomeno dello spopolamento nei piccoli paesi della provincia, luoghi incantevoli ma sempre più svuotati di energie vitali e prospettive, fu ciò che convinse De Vito a riconsiderare la sua posizione. La responsabilità morale, il legame invisibile ma fortissimo con la “terra” e la sfida di dimostrare che un’alternativa esisteva, specialmente per chi, come lui, aveva avuto la fortuna di accumulare competenze manageriali di alto livello, ebbero la meglio. La decisione non fu presa a cuor leggero, ma con una chiara consapevolezza del sacrificio e dell’impegno richiesto. Motivato da questa profonda convinzione, Giancarlo De Vito intraprese un’azione decisa e audace. Volò in Svizzera per incontrare personalmente i proprietari dell’Azienda. Non si trattò di una semplice delegazione, ma di un confronto diretto, mirato a comprendere le ragioni della decisione e, soprattutto, a proporre una via d’uscita. Convincente nella sua esposizione e forte della sua riconosciuta expertise, ottenne l’autorizzazione ad occuparsi della complessa situazione economica e gestionale dello Stabilimento. La condizione posta dalla proprietà era chiara e, per certi versi, crudele nella sua ambizione: se il risanamento fosse andato a buon fine, il manager avrebbe dovuto individuare un Imprenditore in grado di rilevare l’azienda, garantendo così una prospettiva futura al sito e ai suoi dipendenti. In sostanza, gli veniva data la possibilità di salvare quelle 103 famiglie, ma con l’onere di trovare il successore che avrebbe colmato il vuoto lasciato dai precedenti proprietari. Ciò che seguì fu un anno di lavoro incessante, spesso sottoposto a pressioni immense e, cosa ancora più significativa, svolto senza alcuna retribuzione. De Vito si immergeva completamente nei numeri, nelle strategie produttive, nelle relazioni con fornitori e clienti, e soprattutto, nella gestione delle risorse umane. La sua capacità di analisi, unita a una visione strategica profonda e a una leadership carismatica, permise non solo di risanare i conti precari dello stabilimento, ma anche di rilanciarne le attività. La sua missione andava oltre la semplice sopravvivenza aziendale; mirava a ricostruire la fiducia, a infondere un nuovo spirito operativo e a dimostrare la vitalità intrinseca di Italpack. Questo intenso periodo di dedizione, sacrificio personale e abnegazione culminò nel successo più sperato: Egli riuscì a convincere uno dei più grandi e reputati Imprenditori italiani a rilevare lo Stabilimento. Un passaggio di proprietà che non fu una mera transazione finanziaria, ma un atto di fiducia nel futuro dell’Italia produttiva, un investimento nel potenziale di un’azienda che stava rinascendo dalle proprie ceneri. Oggi, Italpack non solo sopravvive, ma prospera. Lo stabilimento opera a pieno regime, producendo oltre 200 milioni di particolari – componenti cruciali per il settore alimentare – distribuiti in tutte le nazioni europee. Questa rinascita va oltre i numeri di produzione. Da circa un mese, Italpack ha avviato un nuovo ciclo di assunzioni, un segnale vitale per la comunità locale. I primi 5 ragazzi e ragazze hanno già preso regolarmente servizio, e numerosi altri verranno assunti immediatamente dopo la pausa ferragostana, alimentando un ciclo virtuoso di occupazione e opportunità. Giancarlo De Vito, che oggi ricopre la carica di Direttore Generale e Amministratore Delegato, continua a guidare l’azienda con la stessa visione che l’ha portata a superare la crisi. Le notizie più recenti parlano dell’acquisizione di nuovi e promettenti mercati nel Sud/Est Asiatico e nel Nord Africa, un’espansione che consolida la posizione di Italpack come attore di primo piano nel panorama europeo e non solo. Questa crescita internazionale non rappresenta solo un successo commerciale, ma amplifica l’impatto positivo sulla comunità locale, creando un effetto moltiplicatore di stabilità e benessere. La traiettoria di Giancarlo non è un evento isolato nella sua carriera. Anni addietro, ha già dimostrato la sua straordinaria capacità di incidere positivamente in contesti industriali critici. In qualità di Direttore, ha risanato e rilanciato uno stabilimento nell’Area Industriale di Melfi, operante nella componentistica per il gruppo Fiat. L’impatto sul territorio fu immenso: per la sola Aquilonia, l’azienda promosse l’assunzione a tempo indeterminato di 127 ragazzi e ragazze, generando ricadute economiche e sociali di una portata non indifferente. Queste imprese dimostrano una coerenza di intenti e una passione di fondo rara. Questa è la vera storia di una persona che, agendo nell’ombra e con una totale assenza di interessi personali, ha contribuito e continua a contribuire in modo determinante a combattere quel lento ma inesorabile spopolamento che minaccia l’esistenza stessa dei nostri piccoli paesi. La sua forza non risiede solo nelle competenze manageriali, ma nella capacità di vedere oltre il profitto immediato, abbracciando una visione di progresso collettivo. In un’epoca in cui spesso prevale l’individualismo e la ricerca del guadagno a breve termine, la filosofia del Direttore Generale risplende con una luce rara: “La vita di una persona ha senso di essere vissuta se una parte di essa viene destinata al bene e al progresso degli altri”. Le azioni dell’Amministratore Delegato e il successo attuale di Italpack sono un faro, una dimostrazione che il cambiamento è possibile, che le crisi possono trasformarsi in opportunità e che un futuro prospero è alla portata anche delle comunità che sembrano dimenticate. È un racconto che ispira i giovani a credere nelle opportunità locali, i lavoratori a trovare stabilità e i decisori politici ed economici a investire nelle aree interne. La storia di Giancarlo attraverso Italpack e non solo, è un potente richiamo all’azione, un invito a coltivare la responsabilità sociale d’impresa e a riconoscere che il vero successo si misura anche dalla qualità della vita che si riesce a garantire alle persone e ai territori in cui operiamo. Un messaggio di speranza viva, eco della resilienza italiana.
dalla redazione
