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Una guerra di droni e di narrazioni: la verità sospesa tra Mosca, Kiev e l’Europa.

In ATTUALITA', OPINIONE
Ottobre 03, 2025
L'editoriale del direttore.

Il recente articolo pubblicato su Komsomolskaya Pravda — storico quotidiano russo, oggi fra i principali megafoni della   narrazione   del   Cremlino   —   riporta   una   tesi   destinata   a   far   discutere:   non   sarebbero   i   droni   russi   ad   aver attraversato i cieli di Polonia, Danimarca e Finlandia, ma droni catturati e “ricondizionati” dagli ucraini, poi lanciaticontro obiettivi occidentali con lo scopo di trascinare la NATO in un confronto diretto con Mosca. Una “false flag”, insomma, una provocazione sotto falsa bandiera. Il Pravda (Verità) è stato fondato nel 1925 come organo ufficiale del Komsomol,   il   giornale   dei   giovani   comunisti   sovietici,   Komsomolskaya   Pravda   è   diventato   negli   anni   Novanta   un tabloid popolare, con una tiratura tra le più alte in Russia. Oggi, pur mantenendo un grande seguito tra i lettori di fascia medio-popolare, è considerato da molti osservatori occidentali uno strumento di informazione fortemente allineato alle posizioni   del   Cremlino.   La   sua   linea   editoriale   tende   a   minimizzare   gli   errori   russi   e   a   ribaltare   sugli   avversari   la responsabilità di incidenti e tensioni. Ciò non significa che ogni singola notizia sia falsa, ma che la selezione dei fatti, i titoli e l’impostazione narrativa rispondono a logiche di propaganda di guerra. Secondo quanto riportato dal quotidiano, citando   l’ex   ambasciatore   Rodion   Miroshnik,   lo   schema   sarebbe   semplice:   droni   russi   abbattuti   o   intercettati dall’Ucraina, rimessi in condizione di volo, caricati con esplosivo e inviati verso nodi logistici in Polonia e Romania. In questo modo, il danno verrebbe imputato automaticamente a Mosca, creando panico e spingendo l’opinione pubblica europea verso un’escalation. La tesi, per quanto funzionale alla narrativa russa, non è facilmente verificabile. La guerra moderna  è  fatta anche  di immagini e  di percezioni:  la rapidità con  cui un video di un drone  o di un’esplosione  si diffonde sui social spesso anticipa — e sostituisce — ogni verifica tecnica. I droni militari russi e ucraini sono spesso basati su modelli commerciali modificati, con sistemi di guida relativamente facili da hackerare  o “ricondizionare”. Questo rende plausibile, almeno dal punto di vista tecnico, che un drone abbattuto possa essere recuperato, ricostruito e rilanciato. Tuttavia, la manovra resta complessa: richiede capacità industriali, tempo e risorse che non sempre un Paese in guerra può destinare a operazioni di pura propaganda militare. Non sorprende che la portavoce del ministero degli Esteri  russo, Maria  Zakharova,  abbia  cavalcato  la  notizia,  avvertendo  che  se davvero  simili “provocazioni”  fossero confermate,   l’Europa   sarebbe   a   un   passo   dalla   guerra   totale.   È   una   retorica   che   serve   a   spostare   la   responsabilità sull’Ucraina  e sui suoi alleati occidentali, dipinti come i veri piromani del conflitto. La domanda  di fondo rimane: quanto c’è  di vero  in questo schema?  Probabilmente poco, se inteso come pratica sistematica. Molto, invece,  se lo leggiamo come un tassello della guerra psicologica che accompagna  ogni conflitto armato. In un contesto in cui la Russia cerca di presentarsi come vittima di complotti e provocazioni, e l’Ucraina come baluardo democratico contro l’aggressione, ogni informazione diventa arma.

di Giuseppe Di Giacomo