
C’è un momento, nella vita politica di una città, in cui i giochi di palazzo non bastano più a nascondere il vuoto. Per Avellino, quel momento è arrivato. Il bilancio consuntivo 2024 è stato bocciato dal Consiglio comunale, e con esso si è chiuso un ciclo politico logoro, quello inaugurato da Gianluca Festa e proseguito, senza scosse e senza discontinuità, da Laura Nargi. Il “modello civico”, nato con la promessa di superare i partiti e avvicinare le istituzioni ai cittadini, si è rivelato per quello che era: una costruzione fragile, fondata su rapporti personali e non su visione o partecipazione. I gruppi “Davvero” e “Viva la Libertà”, che hanno sostenuto prima Festa e poi Nargi, hanno girato le spalle alla sindaca nel momento più delicato. Il castello è crollato. Non per colpa dell’opposizione, ma per l’incapacità interna di costruire una direzione comune. Laura Nargi ha parlato di tradimento. Ma tradita, in realtà, è stata Avellino. Ancora una volta. Il rischio commissariamento non è una minaccia astratta: è il risultato concreto di una classe dirigente che ha smarrito il senso del proprio ruolo. In questo scenario, le forze politiche tradizionali non offrono rifugio. Le sinistre, che avrebbero dovuto rappresentare l’alternativa, restano divise, deboli, senza voce. Incapaci di parlare alla città reale, affondate in discussioni autoreferenziali e in formule che non scaldano i cuori né rispondono ai problemi. Il centrodestra non è da meno. Anziché proporsi come blocco coeso e credibile, si presenta frammentato, disorganico, privo di una leadership locale forte. Non c’è visione, non c’è proposta. Solo presenza simbolica, quando non assenza totale. Il quadro è impietoso. Ma sarebbe ingiusto fermarsi all’analisi. Perché il tempo delle lamentele è scaduto. Avellino ha bisogno di un risveglio civile. Di una scossa etica e culturale. Serve dire basta al clientelismo, ai compromessi sottobanco, alle logiche del favore. Serve riportare al centro il merito, la trasparenza, la responsabilità. Avellino merita una politica che guardi al futuro, che pensi ai giovani, ai quartieri dimenticati, ai servizi essenziali. Che smetta di rincorrere il consenso facile e torni ad ascoltare davvero. A progettare. A sognare con concretezza. Il futuro di Avellino non può più essere deciso da giochi di corridoio o da relazioni personali. Deve tornare nelle mani dei cittadini. Che vinca, finalmente, il buon senso. Quello che unisce, che costruisce, che guarda avanti. È tempo di ripartire. E questa volta, farlo sul serio.
di Marco Iandolo