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Beko Annuncia Tagli Netti: Quasi 2000 Esuberi in Italia

In ECONOMIA
Dicembre 18, 2024

Durante l’ultima sessione in Commissione Attività Produttive della Camera, i rappresentanti di Beko Europe hanno confermato il piano di dismissioni che inciderebbe drasticamente sul tessuto occupazionale italiano dell’azienda. Si parla di un taglio considerevole: 1.935 posti di lavoro, una cifra che Maurice David Sberna, il responsabile delle relazioni esterne di Beko, descrive come una misura drastica ma necessaria per contenere un’emorragia di perdite finanziarie che negli anni è diventata insostenibile. Beko, fronteggiando un calo della domanda e l’aggressiva concorrenza internazionale, specie dalla Cina, si vede costretta a ridimensionare la sua presenza industriale in Europa, con un focus doloroso sull’Italia.

Situata in un settore come quello degli elettrodomestici, dove la sottoutilizzazione delle capacità produttive è una sfida persistente, Beko stima di incassare perdite per circa 224 milioni di euro nel 2024, solo nel segmento dei grandi elettrodomestici. Con una perdita di 50 milioni di euro annui, i siti di Siena, Comunanza e Cassinetta rappresentano il cuore di questa difficile decisione. Sberna sottolinea che l’azienda è disposta a esplorare ogni opzione per mitigare l’impatto di tali decisioni, pur mantenendo la sostenibilità economica del piano.

Le reazioni sindacali non si sono fatte attendere. Barbara Tibaldi dalla Fiom-Cgil ha accusato l’azienda di non aver perseguito una vera politica di industrializzazione in Italia, definendone l’approccio come puramente predatorio e focalizzato unicamente su acquisizioni di breve termine. E la critica è stata egualmente severa da parte di altri rappresentanti sindacali: Massimiliano Nobis della Fim ha evidenziato come il taglio di personale riguardi non solo l’area produttiva ma anche posti chiave nelle funzioni centrali e amministrative. Secondo Lucia Gambardella della Uil, il piano esposto da Beko non è solo inaccettabile ma sconcertante, basato su premesse economiche che, a suo dire, dovrebbero piuttosto spingere verso un rilancio piuttosto che un ritiro.

Nell’eloquio dei sindacalisti emerge un tema comune: il bisogno di un intervento più incisivo e qualitativo da parte delle istituzioni italiane. Sia nel confronto diretto con la proprietà di Beko sia nell’adozione di strategie che possano salvaguardare l’occupazione e stimolare la riconversione industriale, l’appello è chiaro: è il momento per il governo di svolgere un ruolo più attivo e determinante.

In questa complicata intersezione di politica industriale e strategie aziendali, il caso di Beko sottolinea le sfide che le economie nazionali affrontano di fronte alla globalizzazione e ai cambiamenti nei mercati internazionali. Il futuro degli impiegati di Beko in Italia ora pende in un delicato equilibrio tra decisioni corporative e la possibilità di interventi stateali per la riconversione o il sostegno a una forza lavoro altamente specializzata ma a rischio nel medio termine.