
Il recente pellegrinaggio politico ad Hammamet, in Tunisia, di figure nevralgiche della politica italiana come il Presidente del Senato Ignazio La Russa e il Vicepremier Antonio Tajani, ha riacceso i riflettori su un capitolo amaro della nostra storia repubblicana: l’esilio e la morte di Bettino Craxi. A venticinque anni dalla scomparsa dell’ex Presidente del Consiglio, avvenuta lontano dalla sua patria, la cerimonia di commemorazione si è svolta sotto l’egida della Fondazione Craxi, alla presenza dei familiari e di un gruppo di ammiratori e amici.
Il tributo ha avuto luogo nel modesto cimitero di Hammamet, dove Craxi è sepolto. La Russa e Tajani, partecipando a questa cerimonia, non solo hanno reso omaggio alla figura dell’ex leader socialista, ma hanno anche offerto un simbolico gesto di revisionismo storico, riposizionando Craxi come una figura centrale nel panorama politico italiano del dopoguerra. Il mazzo di fiori bianchi e rossi deposto sulla tomba di Craxi recava un messaggio eloquente: “La mia libertà equivale alla mia vita”, una citazione che riassume drammaticamente il credo politico e personale di Craxi.
Le parole di La Russa hanno enfatizzato la “grandezza” di Craxi come figura storica, criticando il modo in cui il suo destino si è concluso in esilio. Tajani, da parte sua, ha rafforzato questo sentimento sottolineando il ruolo di Craxi come protagonista non solo nella politica interna italiana, ma anche in quella estera, accostandolo a nomi del calibro di Giulio Andreotti e Silvio Berlusconi. Tajani ha poi commentato la triste ironia di un uomo che ha dovuto pagare con l’esilio la fermezza delle proprie convinzioni politiche, definendolo vittima di una caccia alle streghe giudiziaria.
Nicola Carnovale, direttore generale della Fondazione Craxi, ha interpretato la presenza di tali figure politiche come un rinnovato interesse verso la figura di Craxi e ciò che essa rappresenta nel contesto storico italiano. Sembra quasi che attraverso questo gesto commemorativo, si stia cercando di riequilibrare le narrazioni storicamente polarizzate che hanno segnato il post-Craxi, spesso oscurendone i contributi a favore di una visione esclusivamente legata agli scandali che ne hanno segnato la caduta.
L’anniversario della scomparsa di Craxi offre quindi un’occasione per riflettere non solo sulla sua eredità politica, ma anche sulle dinamiche della giustizia e dell’esilio. Hammamet diventa così non solo il luogo della sua ultima dimora, ma anche simbolo di un esame di coscienza nazionale. L’evento si configura dunque come un momento di riflessione sulla storia contemporanea italiana, ma invita anche a considerare le implicazioni personali e politiche dell’esilio.
In definitiva, la commemorazione di Craxi a Hammamet apre un dibattito più ampio sui meccanismi della politica, della giustizia e della memoria collettiva in Italia. La presenza di importanti esponenti politici attuali sottolinea l’importanza continua di interpretare e reinterpretare il passato, con tutte le sue complessità e contraddizioni. La “riabilitazione” di Craxi, se così vogliamo chiamarla, invita a una riflessione critica su come la storia viene scritta e su come la giustizia viene somministrata, mettendo in luce la necessità perenne di un equilibrio tra giudizio morale, politico e storico.