
L’onda lunga delle domande pervenute all’INPS per accedere al cosiddetto “bonus psicologo” ha raggiunto una cifra significativa. Alla data ultima del 31 maggio, l’Istituto ha ricevuto 400.505 richieste. Una mole impressionante che riflette non solo il crescente bisogno di supporto psicologico nella popolazione, ma anche l’attrattiva di un aiuto finanziario in un ambito spesso costoso.
Questo bonus, destinato a fornire un contributo economico agli individui per sostenere spese relative a servizi psicologici, è stato finanziato con uno stanziamento governativo di 10 milioni di euro. Gli importi attribuibili variano dai 500 ai 1.500 euro a persona, delineando quindi un panorama in cui il sostegno potrà essere concretamente erogato solo a una frazione dei richiedenti. Tra le matematiche e le aspettative, l’estensione del beneficio oscillerà tra 6.666 e 20.000 beneficiari, a seconda dell’importo erogato per ciascun individuo.
Una sfida logistica si palesa nell’adozione di criteri di selezione basati sul parametro dell’Isee, ossia l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente. Prevedibilmente, il supporto si concentrerà sulle fasce più deboli economicamente, quei cittadini il cui Isee risulta inferiore e che più urgono di sostegno. Entro questa cornice, il pianeta reale prevede che i beneficiari del massimo sostegno saranno presumibilmente vicini alla soglia più bassa di precedenza, situandosi intorno ai 6.666 individui. Questo equivale, in modo quasi sconcertante, a meno di due persone beneficiate ogni 100 richieste inoltrate.
Questo divario rilevante tra il numero di richieste e la capacità di erogazione del bonus getta una luce critica sulla discrepanza tra bisogno percepito e risorse disponibili. Un punto di riflessione emerge sulla capacità delle politiche pubbliche di rispondere in modo efficiente e equo alle esigenze dei cittadini. Questa modesta capacità di copertura rischia non soltanto di generare delusione, ma può anche intensificare il dibattito sulla necessità di incrementare l’allocazione di fondi per il benessere mentale della popolazione.
Il contesto socio-economico attuale, tra pandemia globale e crisi economiche, ha sensibilizzato l’opinione pubblica e le istituzioni sull’importanza della salute mentale. Il crescente appello a considerare il benessere psicologico al pari di quello fisico ha manifestato la necessità di interventi più robusti e inclusivi. In questo contesto, il bonus psicologo nasce come un segnale positivo, ma il suo impatto resta temperato dalla realtà dei numeri e delle limitate risorse.
La questione solleva, dunque, un dibattito più ampio sulla sostenibilità delle politiche di supporto psicologico e sul modo in cui la società decide di prioritizzare e finanziare tali iniziative. È necessario un ripensamento? Le risposte a questa domanda sono complesse e multifaccettate, ma una cosa rimane chiara: la salute mentale è un diritto e non un privilegio, e come tale richiede un impegno non solo governativo, ma collettivo.