L’allarme è stato lanciato recentemente dalla CGIL: nel corso del 2024, il numero di lavoratori coinvolti nei tavoli presso l’unità di crisi al ministero delle Imprese e del Made in Italy ha visto un incremento esponenziale, salendo a 105.974 rispetto ai 58.026 registrati all’inizio dell’anno. Questa marcata crescita pone seri interrogativi riguardo le dinamiche attuali nel settore industriale del nostro Paese.
La situazione descritta dalla CGIL apre uno scorcio sulla crescente difficoltà nel gestire e indirizzare efficacemente le crisi industriali in settori chiave per l’economia nazionale. Secondo Pino Gesmundo, segretario confederale CGIL e responsabile delle politiche industriali, il quadro si tinge di tonalità ancora più scure: attribuisce al Governo Meloni un’incapacità “totale” nel dirigere strategicamente l’industria, critica aguzza che non risparmia accuse di “annunci propagandistici” privi di sostanza concreta.
Il fulcro della critica di Gesmundo riguarda la gestione delle politiche industriali nel corso degli ultimi tre decenni, un periodo durante il quale, sostiene, la guida delle decisioni industriali è stata lasciata prevalentemente in mano a multinazionali e fondi speculativi. Questi attori hanno spesso acquisito imprese italiane a prezzi vantaggiosi, beneficiando di agevolazioni governative senza che ci fosse un adeguato contrappeso politico o statale. Non solo le aziende private ma anche le partecipazioni pubbliche hanno subito questa ondata di acquisizioni, con ripercussioni dirette sui lavoratori.
Al di là delle criticità espresse, il panorama industriale italiano si presenta fragile ed ill-preparato a rispondere alle sfide imposte dal contesto geopolitico globale e dalla necessaria transizione verso un’industria più sostenibile e rispettosa dell’ambiente. Il segretario della CGIL avverte che, senza un cambio di rotta nelle politiche delle imprese e dei governi, il peso della transizione potrebbe ricadere esclusivamente sulle spalle dei lavoratori.
La CGIL, pertanto, attraverso la voce di Gesmundo, invita a una profonda riflessione sulle politiche industriali attuate e una riconsiderazione dell’approccio attuale. L’incremento dei lavoratori coinvolti nei tavoli di crisi non è solo un campanello di allarme, ma una chiara indicazione della necessità urgente di strategie più efficaci, inclusive e sostenibili per rigenerare l’industria italiana e proteggere chi ne è parte integrante.
La situazione attuale chiede un impegno rinnovato per garantire che le voci dei lavoratori non solo siano ascoltate, ma effettivamente valorizzate nel processo di ripensamento e rilancio del settore industriale nazionale. Solo così potremo aspirare a un tessuto industriale robusto, capace di reggere il passo con le evoluzioni globali e le sfide del futuro.