L’annuncio di una imminente riforma legislativa nel settore dei carburanti ha scatenato una ferma opposizione da parte dei gestori degli impianti di benzina, i quali minacciano azioni drastiche in risposta a quella che percepiscono come una minaccia alla loro sopravvivenza economica. Le principali associazioni di categoria, tra cui Faib Confesercenti, Fegica e Figisc/Anisa Confcommercio, hanno espresso una critica mordente all’approccio adottato dal governo, minacciando la chiusura totale degli impianti a livello nazionale.
Secondo queste associazioni, il disegno di legge rappresenta una delle riforme più sconsiderate mai proposte da quando, nel nostro Paese, si è iniziata la distribuzione di carburanti ai veicoli. È stato descritto come un tentativo di annichilire gli ultimi baluardi indipendenti in favore delle grandi compagnie petrolifere, le quali negli ultimi tre-cinque anni hanno registrato guadagni eccezionalmente elevati.
“Si distrugge l’ultimo anello della catena, apertamente per compiacere le multinazionali del petrolio”, affermavano in una nota congiunta le associazioni dei gestori. Questo punto di vista rispecchia una crescente preoccupazione tra i gestori di impianti, che vedono nel Ddl una minaccia diretta alla loro autonomia operativa e alla sostenibilità delle loro attività commerciali.
La questione centrale sollevata riguarda la sostanziale riduzione di controllo che i gestori avrebbero sulla gestione delle vendite e delle scorte, il che si tradurrebbe in una maggiore dipendenza dalle direzioni aziendali delle compagnie fornitori. Tale mutamento strutturale potrebbe favorire una concentrazione di potere ancora maggiore nelle mani delle grandi compagnie petrolifere, già spesso criticate per le loro politiche di prezzo e gestione del mercato.
In un contesto economico già segnato da incertezze e difficoltà post-pandemiche, molti operatori del settore si trovano a lottare per mantenere la competitività e garantire l’occupazione. Da qui l’intenzione, da parte dei gestori, di ricorrere a forme di protesta estrema come la chiusura totale degli impianti, nel tentativo di far sentire la loro voce e spingere una revisione della proposta legislativa.
La reazione delle associazioni sottolinea il profondo divario tra le esigenze di chi opera quotidianamente nel settore dei carburanti e le politiche governative che, secondo i critici, favorirebbero scelte oligopolistiche a detrimento della pluralità e della competitività. Con la minaccia di uno sciopero nazionale dei benzinai, la situazione sembra destinata a intensificare un dibattito già acceso, ponendo questioni significative sul futuro del settore energetico in Italia e sul ruolo che le piccole e medie imprese possono giocare in questo scenario in rapida evoluzione.
Ora resta da vedere come il governo risponderà a questa sfida e se sarà possibile trovare un terreno comune per una riforma che protegga gli interessi di tutti gli attori coinvolti, dai piccoli gestori alle grandi compagnie, senza sacrificare la stabilità economica e l’affidabilità del servizio offerto ai consumatori italiani.