1443 views 10 mins 0 comments

Grande successo per la conferenza di AssoRUP a Napoli sul correttivo al Codice dei Contratti.

L’evento ha messo in luce l’urgenza di rafforzare le competenze interne alla Pubblica Amministrazione e di creare sinergie virtuose con il mondo delle imprese e delle professioni tecniche.

Si è svolta ieri (23 giugno 2025), presso l’Aula De Sanctis della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, un’importante conferenza regionale sul tema: “Il correttivo al Codice dei Contratti: le sfide delle stazioni appaltanti, il ruolo dei RUP e le opportunità per le imprese”. L’incontro ha rappresentato un momento di confronto di alto profilo tra accademia, istituzioni e operatori del settore, volto ad approfondire le implicazioni del decreto legislativo n. 209 del 31 dicembre 2024, noto come “correttivo” al nuovo Codice dei contratti pubblici. Al centro della discussione, l’impatto delle modifiche normative sulla gestione degli appalti pubblici, in un contesto in cui la spesa ha superato i 450 miliardi di euro nel solo 2024, anche grazie all’impulso dato dai finanziamenti del PNRR. La vera sfida, ora, è l’effettiva attuazione dei contratti: le stazioni appaltanti sono chiamate a garantire il perseguimento dell’interesse pubblico attraverso un’attenta gestione delle fasi esecutive, affidata ai Responsabili Unici del Procedimento (RUP), figure sempre più centrali nel coordinamento degli interventi. Ad aprire i lavori, sono stati la prof.ssa Carla Masi Doria, direttrice del Dipartimento di Giurisprudenza, e il prof. Alfonso Maria Cecere, a cui si sono affiancati relatori di spicco come il dott. Fulvio Bonavitacola, vicepresidente della Regione Campania, l’on. Giovanni Legnini, Commissario Straordinario per la ricostruzione di Ischia, l’ing. Giovanni Acerra, presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Avellino, e l’arch. Vincenzo De Maio, presidente dell’Ordine degli Architetti di Avellino. Il cuore del dibattito è stata la tavola rotonda, moderata dal direttore responsabile della testata Nuove Cronache, arch. Giuseppe Di Giacomo. Tra gli interventi più attesi, quello del prof. Giovanni Rizzari, coordinatore nazionale degli ambasciatori Assorup e presidente del Comitato tecnico-scientifico dell’associazione, autore del “Manifesto dei RUP”, che ha illustrato il nuovo paradigma gestionale proposto dal correttivo. Sono inoltre intervenuti il prof. Ferdinando Pinto, docente di diritto amministrativo, il dott. Ulderico Izzo dell’ASL Napoli, l’apprezzato dott. Gino Giuntini, presidente del Consorzio Leonardo SL che aggrega l’esperienza e la professionalità di aziende consorziate che operano nel settore dei servizi, l’arch. Saverio Pellegrino, esperto BIM per la società Harpaceas, e il dott. Riccardo Feola, segretario generale del Comune di Benevento. A concludere i lavori l’intervento dell’avv. Daniele Ricciardi, presidente nazionale di Assorup, riconosciuto tra i massimi esperti italiani in materia di contratti pubblici, trasparenza amministrativa e innovazione nella governance pubblica. Ricciardi ha promosso l’iniziativa della cosiddetta “patente dei RUP”, uno strumento volto a qualificare e valorizzare il ruolo di questi professionisti nella macchina pubblica. L’evento ha messo in luce l’urgenza di rafforzare le competenze interne alla Pubblica Amministrazione e di creare sinergie virtuose con il mondo delle imprese e delle professioni tecniche, al fine di affrontare con efficacia la complessa fase esecutiva dei progetti pubblici nel quadro della nuova normativa.

La riflessione della nostra testata che ha moderato nel corso dell’incontro la tavola rotonda:

Partendo dalle parole, nette e fondate, del Presidente dell’ANAC Giuseppe Busia, che ha denunciato un abuso strutturale dell’affidamento diretto. Il 98% delle acquisizioni di servizi e forniture avvenute lo scorso anno è stato appaltato con questa modalità. Siamo dunque dinanzi a una realtà che sta superando la soglia del fisiologico per entrare nel patologico. L’affidamento diretto, nelle intenzioni del legislatore, è uno strumento di semplificazione. Ma nei fatti si sta trasformando, troppo spesso, in una scorciatoia opaca. L’innalzamento della soglia a 140.000 euro ha di fatto reso più ampio il perimetro della discrezionalità, alimentando pratiche che – come giustamente ha segnalato l’ANAC – espongono i funzionari onesti a pressioni indebite e a dinamiche clientelari. Il frazionamento artificioso degli appalti è oggi non solo una distorsione tecnica, ma anche un veicolo di sprechi e, in alcuni contesti, un canale privilegiato per infiltrazioni criminali. Il nostro intervento oggi si concentra su un tema tanto tecnico quanto cruciale: la scelta, da parte di una minoranza virtuosa di RUP, di indire una procedura di gara anche per appalti sotto soglia, decisione che – come ricordato dal Presidente Busia – riguarda meno del 3% dei casi nell’ultimo anno. A prima vista, può sembrare una scelta controcorrente rispetto alla linea semplificata del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 36/2023), specialmente dopo la modifica di dicembre 2024 che ha ulteriormente ampliato le possibilità di ricorso all’affidamento diretto o alla procedura negoziata senza bando. Tuttavia, questa opzione minoritaria poggia su solide basi normative e giurisprudenziali.  Il Codice dei contratti, all’art. 1 e all’ art. 49, D.Lgs. 36/2023 pur agevolando le soglie per l’affidamento diretto, continua a considerare la concorrenza come un principio cardine. Alcuni RUP scelgono la procedura di gara per favorire la massima apertura del mercato, migliorare la qualità delle offerte, e garantire una valutazione trasparente delle proposte. Fermo restando il principio per gli enti pubblici di garantire per l’azione amministrativa: efficacia, efficienza ed economicità, il fine è quello di selezionare gli operatori economici piu’ idonei. Un dato statistico vede che il 95% delle imprese italiane, sono delle microimprese, con meno di 10 dipendenti, e pur avendo un alto fatturato non dispongono di idonea manodopera per cui fanno ricorso a catene di subappalti che pregiudicano l’esecuzione dell’opera secondo la regola dell’arte e ben più grave a scapito dei rischi connessi alla sicurezza degli operatori negli ambienti di lavoro. Alcune recenti pronunce – si veda Cons. Stato, sez. V, sent. n. 3803/2023 – affermano che anche sotto soglia è legittimo e persino opportuno ricorrere alla gara pubblica in presenza di pluralità di operatori potenzialmente interessati, in particolare per forniture complesse o ad alto contenuto innovativo. Indire una gara pubblica – anche se non obbligatoria – mette al riparo da contestazioni o impugnative e rafforza la posizione del RUP e della stazione appaltante in sede di verifica o controllo, specie da parte di ANAC o Corte dei Conti. Questi RUP virtuosi interpretano la loro funzione non solo in termini di efficienza, ma anche di responsabilità amministrativa, contribuendo a rafforzare la fiducia dei cittadini nella trasparenza dell’azione pubblica. È un gesto che può elevare la reputazione dell’Ente e dare valore alla figura del RUP, spesso posto sotto pressione.  Per servizi strategici, ad esempio di innovazione digitale, rigenerazione urbana o manutenzione straordinaria, la gara consente una valutazione qualitativa e una comparazione tra proposte, che l’affidamento diretto non consente appieno.  Ma è su un altro punto che vorrei ancora soffermarmi, portando un contributo che nasce dal nostro osservatorio giornalistico. C’è un aspetto culturale, prima ancora che normativo, che va affrontato. L’idea, diffusa soprattutto in alcuni territori, che la selezione di un professionista possa avvenire “ad intuitu personae”, usando una locuzione latina – in un recente avviso pubblico da un RUP pugliese, o altra frase troppo spesso utilizzata “ad insindacabile giudizio del Rup” che capita di leggere nei bandi pubblicati dalle pubbliche amministrazioni delle regioni meridionali. Ebbene questo raggiro delle norme è profondamente lesivo dello spirito della trasparenza e della meritocrazia e fa perdere tanto tempo prezioso e soprattutto la fiducia nelle istituzioni a quei professionisti che ignari partecipano.  Dobbiamo dircelo con chiarezza: quando una stazione appaltante rinuncia alla gara pubblica, perde due volte. Perde la possibilità di intercettare competenze diverse, magari più innovative o più adatte all’incarico. E perde l’occasione di generare un risparmio economico che, nel sistema degli appalti, è anche una leva di virtuosismo amministrativo. Chi comunica con l’opinione pubblica, come noi, ha il dovere di denunciare le distorsioni. Ma ha anche una responsabilità costruttiva: valorizzare le buone pratiche, raccontare le amministrazioni che scelgono la via della competizione trasparente, e far emergere i RUP che – anche in contesti difficili – operano con rigore, coraggio e senso dello Stato.

a cura di Giuseppe Di Giacomo