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I Limiti ai Mandati dei Presidenti Regionali: Analisi della Legge in Vigore

In POLITICA
Gennaio 15, 2025

Nel 1999, una riforma costituzionale ha introdotto importanti novità per l’elezione diretta dei presidenti delle Regioni italiane, definendo questo campo come materia concorrente tra Stato e Regioni. Ciò significa che, mentre lo Stato delinea i principi fondamentali, le Regioni hanno la possibilità di dettagliare ulteriormente tali norme, aggiungendo specificità locali.

Fu nel 2004, sotto un governo di centrodestra, che si concretizzò effettivamente l’adozione di una legge basata sui principi precedentemente stabiliti. In quel momento, si decise di adottare lo stesso principio già applicato per l’elezione dei sindaci, ossia il limite di due mandati. Secondo il costituzionalista Stefano Ceccanti e altri esperti dell’epoca, tale decisione fu unanimemente supportata, motivata dalla convinzione che i presidenti regionali, detentori di ampie competenze, dovessero essere soggetti a una limitazione simile a quella imposta ai sindaci per prevenire l’accumulo eccessivo di potere.

La legge enunciava dunque un “principio secco” e auto-applicativo, secondo cui il divieto di un terzo mandato consecutivo valeva per qualsiasi presidente di Regione eletto direttamente, principio in vigore fin dal 2004 in tutte le Regioni senza eccezioni.

Tuttavia, nei giorni nostri, questa normativa ha suscitato nuove polemiche. Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, spera di potersi ricandidare grazie a una nuova legislazione regionale che interpreta i limiti ai mandati partendo da quando la Regione stessa ha implementato la legge nazionale, in pratica “da ora”. Molti costituzionalisti, tuttavia, criticano questa lettura, insistendo sul fatto che il principio di ineligibilità per un terzo mandato è di natura auto-applicativa e non richiede alcun processo di recepimento formale per diventare efficace.

In risposta, il governo ha inoltrato un ricorso alla Corte Costituzionale, sperando in una sentenza che avvalli la lettura tradizionale del principio. Observatori ritengono che persino una possibile scelta dei presidenti di lasciare il proprio partito per candidarsi autonomamente non eluderebbe la legge, poiché il divieto è personale e non legato alla fazione politica di appartenenza.

Il dibattito risulta acceso e il rischio è alto: una decisione della Corte favorevole ai presidenti potrebbe stabilire un precedente pericoloso, influenzando negativamente la coerenza e l’applicazione delle leggi che regolano le autonomie regionali e la gestione del potere locale.

Confronto e riflessioni legali, dunque, sono all’ordine del giorno, mentre le implicazioni politiche di queste interpretazioni legislative continuano a evolversi in uno scenario già complesso. La questione dei limiti ai mandati ha quindi svelato non solo questioni legali ma anche il delicato equilibrio tra le diverse sfere di governabilità all’interno del sistema politico italiano.