
Nonostante un contesto di diminuzione generale della disoccupazione e di robusta tenuta della crescita economica, l’Italia persiste nel tracciare un percorso di netta decrescita salariale. È quanto emerge dal recente ‘Employment Outlook 2024’ pubblicato dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), che dipinge un panorama poco rassicurante per il potere d’acquisto delle famiglie italiane.
Con una riduzione del 6,9% dal quarto trimestre del 2019, l’Italia si classifica come il paese con la peggiore performance salariale dell’area euro, un triste primato che vede solo Cechia e Svezia in condizioni peggiori tra i 38 paesi membri dell’OCSE. Al confronto, nazioni come la Germania e la Francia mostrano rispettivamente una contrazione del 2% e un minimo incremento dello 0,1%.
Questo preoccupante declino dei salari, quando messo a confronto con i dati sull’export e sui costi unitari del lavoro, rivelano una dicotomia nel tessuto economico nazionale. Da un lato, l’Italia ha registrato una performance positiva nelle esportazioni nel periodo post-Covid, superando i propri partner europei grazie, principalmente, alla competitività acquistata contenendo la crescita dei costi del lavoro. Dall’altro, questa stessa dinamica ha compresso i salari, minando direttamente il tenore di vita dei lavoratori italiani.
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha difeso le politiche adottate, sottolineando il ruolo del taglio del cuneo fiscale nel mitigare l’aumento del costo della vita, evitando al contempo di alimentare una spirale infelice tra salari e prezzi. Nonostante ciò, l’opposizione rappresentata da esponenti come Francesco Boccia del Partito Democratico, critica la posizione governativa, descrivendo un eccesso di ottimismo di fronte a crescenti disparità economiche.
Dal canto suo, l’OCSE solleva una critica verso i paesi che, nonostante i buoni risultati di profitto delle aziende, continuano a vedere un regresso nei salari reali. L’organizzazione suggerisce che vi sarebbe ancora margine per che i profitti aziendali possano supportare un adeguato aumento dei salari. In particolare, la “Economic Survey” dell’OCSE dedicata all’Italia, pubblicata a gennaio, evidenzia la necessità di potenziare sia i salari che la produttività attraverso investimenti e innovazione.
L’OCSE mette in luce anche un aspetto critico del sistema di contrattazione collettiva in Italia, dove le imprese possiedono un’influenza negoziale rilevante. In questo frammentato scenario di mercato del lavoro, l’efficacia degli aiuti europei attraverso il ‘Recovery Plan’ rimane ancora un punto interrogativo, con obiettivi chiave come l’incremento salariale e la promozione dell’innovazione che stentano a materializzarsi.
La situazione italiana riflette una sfida più ampia affrontata da molti paesi europei, dove il bilanciamento tra competitività economica internazionale e giustizia sociale interna continua a essere una problematica aperta e complessa. Mentre il governo italiano cerca vie per stimolare la crescita senza penalizzare ulteriormente i lavoratori, la comunità internazionale guarda con interesse, sperando in un equilibrio che porti sia a benefici economici che sociali sostenibili.