
Il pericolo sul posto di lavoro si rivela essere una minaccia più letale di quanto la nostra società potesse immaginare, superando persino le statistiche degli omicidi legati alla criminalità organizzata. Un’indagine meticolosa condotta dalla UIL ha fermamente puntato il dito contro questa pandemia silenziosa, che ha mietuto decine di migliaia di vittime nel corso degli ultimi trentacinque anni.
Il dibattito ha preso forma intorno allo studio presentato a Roma dalla confederazione sindacale, alla presenza di Pierpaolo Bombardieri, segretario generale della UIL. Tra il 1983 e il 2018, gli omicidi attribuibili alla mafia hanno raggiunto la cifra di 6.681 vittime. In contrasto angosciante, gli incidenti sul lavoro hanno riscosso un tributo di oltre 55.000 vite nello stesso periodo, secondo dati forniti dall’INAIL.
La perpetuazione di questa crisi emerge ancora più chiara guardando ai dati più recenti. Nel solo anno 2023, l’INAIL ha registrato 1.041 morti a seguito di infortuni sul lavoro, una cifra che sottolinea la gravità persistente del problema. I primi tre mesi del 2024 non hanno mostrato segni di miglioramento, con 191 decessi già conteggiati e un incremento dello 0,38% nelle denunce di infortunio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
La distribuzione demografica delle vittime getta un’ulteriore luce sulla questione. Il 91,7% dei decessi ha riguardato la componente maschile della forza lavoro, con quasi la metà delle tragedie che hanno colpito lavoratori tra i 50 e i 64 anni. Questi dati non solo delineano una chiara demarcazione nelle vittime tipo ma sollevano anche riflessioni profonde sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e sulle misure preventive adottate.
Incremente preoccupanti si riscontrano tra i lavoratori più giovani, con un aumento dell’11,7% nell’incidenza degli infortuni tra gli under 20 dal 2023. Questi giovani lavoratori si trovano improvvisamente nella morsa di un rischio che non dovrebbe appartenergli, spingendo a riflessioni su come possano essere migliorati la formazione e l’adeguamento alle normative di sicurezza.
Un’attenzione particolare va inoltre riservata ai lavoratori stranieri, che hanno costituito oltre il 65% delle vittime di infortuni mortali nel 2023. Questo dato, che comprende solo i lavoratori in regola, sottolinea la vulnerabilità di questa porzione della forza lavoro e la necessità di maggiori garanzie di protezione quale componente fondamentale di politiche di sicurezza efficaci.
La strage silenziosa sul lavoro è un monito per la legge e la società civile, richiamando un urgente bisogno di rinnovare le strategie di intervento e di rafforzare le misure di prevenzione. È fondamentale interrogarsi sulle norme vigenti e sul loro effettivo impatto, nonché su come queste possano essere migliorate per salvaguardare la vita e la dignità dei lavoratori.
In conclusione, il sacrificio di migliaia di lavoratori lungo decenni richiede più di una semplice commemorazione: invoca una mobilitazione concreta, politiche più severe e un impegno collettivo al cambiamento. Questi numeri non sono solo statistici, sono un appello silenzioso a guardare oltre la superficialità delle norme vigenti verso una protezione reale e universale della vita umana sul lavoro.