
L’Inps ha recentemente aggiornato il suo simulatore relativo alle pensioni, regalando agli italiani uno scenario per certi versi preoccupante, soprattutto per chi, oggi, ha trent’anni. L’organizzazione previdenziale propone, infatti, un’estensione significativa della vita lavorativa, che per alcuni potrebbe spingersi fino a 70 anni o oltre, prima di poter godere del meritato riposo pensionistico.
Il simulatore, aggiornato con le ultime statistiche sulla speranza di vita, suggerisce che un individuo che abbia raggiunto i 30 anni nel 2024 e abbia iniziato a lavorare di recente non potrà ritirarsi prima dei 66 anni e 8 mesi, ammesso che abbia accumulato almeno 20 anni di contributi e disponga di un reddito pensionistico che superi il triplo dell’assegno sociale, ovvero 1.603,23 euro. Chi non riuscirà a soddisfare questi criteri potrebbe essere costretto a rimanere in attività fino a 74 anni.
Un esempio concreto è rappresentato da un uomo nato all’inizio del 1994, iniziato a lavorare all’inizio del 2022: con almeno 20 anni di versamenti all’attivo, potrà accedere alla pensione di vecchiaia a partire dal dicembre 2063, all’età di quasi 70 anni. L’Inps, tuttavia, non ha ancora fornito chiarimenti sulla pensione anticipata flessibile per l’anno 2024, che vedrebbe l’implementazione della cosiddetta “quota 103”, permettendo l’uscita anticipata con 62 anni di età e 41 anni di contribuzione.
Particolarmente rivelatore è il caso di un individuo nato nel 1980, occupato nel settore privato, che ha iniziato a versare contributi nel 2005. Tale soggetto avrà la possibilità di andare in pensione di vecchiaia a 68 anni e 9 mesi, a novembre del 2048, sempre che disponga di un reddito pensionistico elevato, altrimenti potrebbe essere necessario prolungare l’attività lavorativa fino a 73 anni e 2 mesi.
L’Inps sottolinea l’importanza dei criteri demografici adottati, confermando che fino al 2028 l’età minima per l’accesso alla pensione di vecchiaia rimarrà fissa a 67 anni. Previsioni indicano un lieve incremento a 67 anni e un mese a partire dal 2029.
Nonostante le restrizioni introdotte e successive revisioni, come quella della “Quota 100” nel 2019, l’Italia rimane uno degli stati membri dell’Unione Europea con il più alto rapporto tra spesa pensionistica e prodotto interno lordo. Secondo Eurostat, nel 2021, la spesa italiana per le pensioni ha raggiunto il 16,3% del PIL, posizionandosi appena dietro alla Grecia.
Queste informazioni sintetizzano un contesto economico-sociale in continua evoluzione, che impone ai lavoratori non solo di pianificare accuratamente la propria carriera, ma anche di prepararsi ad un prolungamento dell’attività lavorativa, forse non sempre voluto, ma necessario per garantire la sostenibilità del sistema pensionistico in un Paese che invecchia rapidamente e in cui l’età pensionabile sembra destinata a slittare sempre più in là. Con questo panorama, diventa essenziale per ogni professionista tenere gli occhi ben aperti sulle proprie prospettive previdenziali, pianificando con saggezza il proprio futuro.