Nel cuore del dibattito politico milanese, una dichiarazione della consigliera di Forza Italia Deborah Giovanati ha acceso le luci della polemica in una recente seduta del Consiglio Comunale. Le sue parole riguardanti la definizione di “donna” e il suo legame con la maternità hanno stimolato un’ampia discussione, non solo sul piano locale ma anche in un contesto più ampio.
Durante la discussione di un nuovo regolamento per la commissione paesaggio, in particolare un emendamento proposto dal Partito Democratico per incrementare a sette il numero di donne nella commissione, Giovanati ha avanzato una richiesta controversa: che le sette donne coinvolte fossero tutte madri. “Per essere sicuri che una persona sia una donna deve essere mamma”, ha affermato Giovanati, sollevando dubbi non tanto sulla quantità, quanto sulla “qualità” del genere femminile nella commissione.
Questa posizione si basa sulla percezione che la maternità conferisca una certezza inconfutabile sull’identità di genere, un punto di vista che ha immediatamente suscitato critiche. Alessandro Capelli, segretario del PD della metropoli milanese, ha prontamente reagito, sottolineando quello che ha definito un atteggiamento maschilista. “Le sue dichiarazioni potrebbero sembrare attuali solo durante epoche passate”, ha commentato, aggiungendo che tali affermazioni non solo discriminano le donne per le loro scelte personali o le circostanze della vita, ma instaurano anche un criterio anacronistico e ingiusto per definire l’essenza del femminino.
La controversia non si ferma alla reazione di disapprovazione, ma solleva una questione più profonda sul ruolo del genere nelle assegnazioni di posti di lavoro e incarichi politici, mostrando come tali discussioni riflettano e influenzino la percezione pubblica del genere. Se è vero che la paternità raramente se non mai diventa un criterio di valutazione per gli incarichi maschili, perché la maternità dovrebbe diventarlo per quelli femminili?
Questo dialogo a Milano rivela non solo le divisioni ideologiche tra i diversi partiti e i loro rappresentanti, ma anche le sfide persistenti nel dibattito sul genere: la lotta per una definizione inclusiva e rispettosa dell’identità femminile in tutti i suoi aspetti.
La questione sollevata da Giovanati è indicativa di una visione ancora radicata in segmenti della società che vede la donna principalmente o esclusivamente in termini di procreazione, sottovalutando gli altri contributi che le donne continuano a dare in tutti i campi della società, dalla politica alla scienza, dall’arte all’educazione.
Concludendo, il discorso ha il merito di aver aperto un importante dibattito pubblico sulla maternità, il genere e l’identità, mostrando come anche all’interno di contesti istituzioni apparentemente neutri, le battaglie per l’uguaglianza di genere sono tutt’altro che concluse. Resta da vedere come questo episodio influenzerà le future politiche e le discussioni in Consiglio Comunale e se porti a un cambiamento nel modo in cui vengono assegnate le posizioni e valutati i candidati, in un contesto che aspira all’equità e al rispetto per la diversità.