
Il panorama giudiziario italiano è sul punto di vivere una delle sue trasformazioni più significative degli ultimi anni. Nel corso di una riunione tenutasi recentemente a Palazzo Chigi, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, insieme al guardasigilli Carlo Nordio e altri esponenti di spicco del governo, ha delineato i contorni di quello che sarà un importante disegno di legge (ddl) costituzionale: la separazione delle carriere dei magistrati. L’impegno è quello di presentare questa riforma entro le prossime elezioni europee, marcando così un passo deciso verso una revisione sostanziale del sistema giudiziario italiano.
L’iniziativa mira a dividere nettamente le carriere di chi giudica da chi è deputato alla requisitoria, separando i magistrati giudicanti dai magistrati requirenti, con l’istituzione di due Consigli Superiori della Magistratura (Csm). Questa mossa potrebbe rappresentare un cambiamento radicale nel modo in cui la giustizia viene amministrata e percepire in Italia, introducendo un sistema più equilibrato e imparziale.
Durante la riunione è emerso anche un forte consenso sul provvedimento per l’abolizione dell’abuso d’ufficio, che mira a snellire e rendere più efficace l’operato della pubblica amministrazione, evitando eccessi punitivi che possono paralizzare l’azione amministrativa.
Un altro punto focale della discussione è stato il metodo di selezione e nomina dei magistrati nei nuovi Csm. Anche se l’idea di una nomina governativa diretta è stata scartata, restano aperte diverse opzioni, tra cui il sorteggio ‘secco’ o ‘mediato’. Queste modalità mirano a garantire un processo di selezione trasparente e non influenzato da dinamiche politiche.
L’idea di creare un’Alta Corte per giudicare i magistrati stessi, riprendendo la proposta avanzata anni fa dall’ex deputato Marco Boato, è particolarmente innovativa. Secondo questo schema, l’Alta Corte sarebbe composta da nove membri eletti dai Consigli della magistratura ordinaria e amministrativa, responsabili del giudizio sull’operato dei magistrati, tanto in ambito giudicante quanto requirente.
Queste proposte non sono solo tecniche; sono estremamente politiche e toccano l’essenza della separazione dei poteri in uno Stato democratico. La loro implementazione potrebbe portare a un’efficente distinzione tra i poteri giudiziario e esecutivo, limitando le interferenze e aumentando l’efficienza e l’equità del sistema giudiziario.
Con la promessa di riforme significative, il governo si colloca in una posizione delicata ma propositiva, cercando di equilibrare la necessità di un giudiziario autonomo e imparziale con quella di una giustizia più agile e meno soggetta a logorii burocratici. Sarà fondamentale seguire con attenzione come questi progetti di riforma evolveranno nei mesi a venire e quale impatto avranno sul sistema giudiziario e sulla società italiana nel suo complesso.