
Le prossime elezioni europee si stanno avvicinando e, con esse, un’ondata di programmi politici che sembrano lasciare molto a desiderare in termini di concretezza e visione. Una recente analisi condotta da Famiglia Cristiana ha messo in luce un panorama preoccupante dove prevalgono slogan accattivanti a discapito di proposte solide che possano realmente contribuire alla crescita dell’Europa.
Fratelli d’Italia promuove il mantra “Con Giorgia, l’Italia cambia l’Europa”, proponendo una direzione di forte impronta nazionale, mentre la Lega sostiene un ideale di “Più Italia, meno Europa”, prospettiva che sembra mirare più alla sovranità interna che all’integrazione europea. Forza Italia e il Movimento 5 Stelle, pur avendo delineato dei programmi, si limitano per lo più a generiche battaglie politiche senza un’effettiva roadmap strategica. Dal canto suo, il Partito Democratico presenta un documento di 49 pagine in cui si cerca di configurare un’Europa “Sociale”, “Sostenibile” e “Democratica”, con accenti su un “Progetto di pace”.
Tra queste formazioni e altre minori, noi osservatori rimaniamo spettatori di una politica sempre più dirigita dai sondaggi e dalle esigenze mediatiche del momento piuttosto che da una vera intenzione di riforma o miglioramento collettivo. In questo contesto, l’icona del Partito Democratico, Matteo Renzi, sbandiera l’idea degli “Stati Uniti d’Europa”, una proposta che potrebbe sembrare rivoluzionaria ma che rimane vaga nei dettagli operativi. Contemporaneamente, Carlo Calenda si concentra sulla dimensione geopolitica, spingendo per un “obiettivo prioritario di sostegno militare all’Ucraina”, tema sicuramente attuale ma che non esaurisce la vastità delle sfide europee.
Questa descrizione delle piattaforme elettorali non può che suscitare una riflessione profonda sulla qualità del dibattito politico. L’impegno nell’ambito cattolico, come suggerito da Famiglia Cristiana, sembra orientarsi verso una promozione più intensa della partecipazione politica attraverso una potenziale riforma dei partiti. Si tratta di ritrovare un collegamento diretto con i cittadini, che possano sentirsi veramente rappresentati e coinvolti, e non semplici spettatori di una politica che sembra correre da sola su binari predeterminati.
In questa prospettiva, l’analisi non si ferma alla critica ma invita a una mobilitazione generale: ognuno di noi è chiamato a non disertare le urne, a prendere una posizione attiva per cambiare il corso delle cose, a non accontentarsi di frasi fatte ma a cercare, sostenere e, se necessario, costruire alternative politiche che siano dignitose del contesto europeo e globale in cui viviamo.
In conclusione, mentre ci avviciniamo alle urne, la richiesta è quella di un rinnovato senso di responsabilità. Non basta lamentarsi della povertà del dibattito politico: è necessario pretendere di più da chi si propone di guidare non solo i singoli stati, ma l’intero continente europeo verso un futuro di pace, stabilità e prosperità. Affrontare le elezioni con questa consapevolezza è il primo passo verso un’Europa più coesa e influente sulla scena mondialit.