L’Italia si trova di fronte a una significativa crisi demografica, con un tasso di natalità che continua a diminuire anno dopo anno. Nel 2023, il numero di nascite è stato di circa 370.000, mentre le morti hanno superato le 600.000 unità. Questa situazione di decremento demografico rappresenta una minaccia seria e persistente per il futuro del paese. Di fronte a queste cifre allarmanti, emergono proposte audaci e innovative destinate a stimolare un dibattito pubblico e politico. Una di queste è stata recentemente avanzata da Federico Boffa, Professore di Economia Applicata presso la Libera Università di Bolzano, insieme ai collaboratori Tommaso Reggiani (Masaryk University), Matteo Rizzolli (Lumsa University) e Federico Trombetta (Università Cattolica del Sacro Cuore).
La proposta, basata sul modello del Demeny Voting, prevede che il diritto di voto venga esteso ai minori, i quali sarebbero rappresentati dai loro genitori fino al raggiungimento della maggiore età (18 anni). In pratica, ogni genitore avrebbe la possibilità di votare anche per ogni figlio non ancora maggiorenne, amplificando così la rappresentanza politica delle famiglie con figli. Per esempio, una madre di tre bambini avrebbe un totale di quattro voti: uno proprio e uno per ciascuno dei suoi figli.
Questa proposta radicalmente innovativa ha sollevato sia interesse sia preoccupazioni. L’idea di fondo è che, offrendo più potere decisionale alle famiglie, i politici possano essere incentivati a sviluppare politiche più favorevoli alla natalità e alla cura dei minori, cercando di creare un ambiente più accogliente per le famiglie giovani e potenzialmente più grande.
Il concetto di “una testa, un voto dalla culla” non è completamente nuovo. Il Demeny Voting prende il nome dall’economista e demografo ungherese Paul Demeny, che lo propose per la prima volta come una soluzione al declino demografico. La Germania ha discusso questa proposta nel 2003, benché non abbia ottenuto sufficiente consenso per essere implementata.
Gli autori della proposta hanno effettuato diverse simulazioni per testare la vivibilità e le potenziali conseguenze del loro modello. I risultati suggeriscono che questa iniziativa potrebbe effettivamente interrompere il ciclo della denatalità, e sotto certe condizioni, potrebbe beneficiare l’intera società, inclusi coloro che non hanno figli.
Tuttavia, l’introduzione di una tale pratica rappresenta una sfida significativa, soprattutto in termini di equità e percezione sociale. Le resistenze potrebbero emergere soprattutto da parte di coloro che non hanno figli o dagli anziani, i quali potrebbero sentirsi marginalizzati o meno rappresentati. Detto ciò, Boffa sottolinea che i benefici a lungo termine di una società con una base demografica più robusta e giovane potrebbero alla fine risultare vantaggiosi anche per le generazioni più anziane, dato che una popolazione più giovane sostiene un sistema economico e sociale più dinamico.
In conclusione, mentre il dibattito continua, la proposta catalizza l’attenzione su un problema cruciale che l’Italia e molti altri paesi occidentali non possono permettersi di ignorare. La richiesta di soluzioni innovative e coraggiose è imperativa per riconfigurare il futuro demografico del paese. Resta da vedere se l’idea del voto dalla culla possa trasformarsi da audace proposta accademica a strumento di politica implementato.